Con questa politica, anzi con questa pluridecennale mancanza di politica immobiliare in Italia abbiamo isterilito l'economia e la fiscalita' dell'intero comparto legato agli immobili abitativi.
Questi, da elemento vitale dell'economia, dell'edilizia e dell'urbanistica sono diventati un peso morto.
Un Paese che presenta prevalentemente abitazioni principali in proprieta', trattate fiscalmente come si e' fatto in Italia, e' un paese nel quale meta' degli immobili sono ingessati: non producono gettito tributario, si tratti di imposte dirette o indirette ; non danno luogo all'indotto economico produttivo derivante dalla mobilita' abitativa connessa al sistema della locazione ( adeguamenti edilizio-tecnologici, rammodernamenti sul piano edilizio, attivita' di mediazione, attivita' di allestimento di interni, attivita' collegata alla location. es. traslochi etc. ); impediscono in prospettiva ogni operazione di rinnovamento edilizio ed urbano.
Questa sterilita' economica si accompagna ad una rigidita' della mobilita' abitativa che non e' esattamente quello di cui ha bisogno un paese moderno che voglia essere competitivo sul piano internazionale.
Ma il grave e' che, avendo lo Stato scaricato di fatto sulla fiscalita' immobiliare l'intero onere del finanziamento dei bilanci comunali, di fatto risulta che meta' degli immobili italiani in generale e 2/3 di quelli abitativi in particolare non concorrono a pagare le spese comunali legate ai servizi di cui godono: il cui costo finisce per ricadere sulle spalle dei possessori della restante meta' degli immobili, rimasta soggetta al pagamento delle imposte comunali.
L'alleggerimento del carico fiscale dell'Imu e della Tasi, per i casi meritevoli di tale provvidenza, avrebbe dovuto realizzarsi non attraverso una esenzione diretta dall'obbligo di pagare al comune, bensi' attraverso una detrazione integrale del relativo costo dalle imposte erariali.
Solo in tal modo si sarebbe potuta conseguire una vera equita' fiscale connessa, non alle condizioni oggettive dell'immobile ( definizione catastale), ma alle condizioni economiche soggettive del contribuente; salvaguardando nel contempo l'equilibrio dei conti delle pubbliche amministrazioni comunali.
Urge dunque l'attuazione di una politica di forte rilancio della locazione tout court, attraverso un serio alleggerimento del carico fiscale, realizzato mediante misure lineari per tutto il comparto locativo e non selettive, basate sui differenziali fiscali e stabilite solo per i contratti di locazione concordati.
Caldaie sporche: quasi 2.400 multe, una su quattro ancora fuorilegge, il teleriscaldamento cresce del 10%. Per gli oppositori dei blocchi al traffico veicolare, il riscaldamento di case e uffici è il principale imputato per l'allarme inquinamento. E l'indicazione che arriva da tutti è: bisogna potenziare il teleriscaldamento.
Questo è anche uno dei principali obiettivi del «Paes», il Piano di azione per l'energia sostenibile e il clima di Palazzo Marino, il cui lungo iter di adozione è ancora in corso.
Il traguardo del documento è il 2020. Per quella data il Comune punta ad abbattere le emissioni di anidride carbonica di almeno il 20 per cento.
L'area di intervento principale è proprio quella degli edifici.
Le parole d'ordine: efficientamento, riqualificazione energetica ed estensione della rete di teleriscaldamento.
In particolare quest'ultima dovrà raggiungere fra cinque anni 150 mila appartamenti.
Il risultato per l'ambiente sarebbe rappresentato da una riduzione delle emissioni di anidride carbonica pari a 139mila tonnellate rispetto ai valori del 2005, anno preso come riferimento.
Ma a che punto siamo? Ad oggi, stagione termica 2015-2016, secondo i dati dell'amministrazione comunale, il servizio di teleriscaldamento è cresciuto del 10 per cento rispetto a un anno fa. Sono allacciati alla rete di A2A oltre 100mila «appartamenti equivalenti» (pari a circa 80 metri quadri), venti edifici comunali (da Palazzo di Giustizia alla Biblioteca Sormani) a cui a breve si aggiungeranno la sede centrale della polizia locale, Palazzo Reale, gli uffici di via Dogana, il Duomo e la Veneranda Fabbrica. Numeri che si traducono in circa 51mila tonnellate di anidride carbonica evitate,
ovvero il 43 per cento dell'obiettivo finale del Piano. Non solo. Se si passa ad esaminare i dati del 2014 si vede come l'implementazione del teleriscaldamento abbia consentito un abbattimento generale degli inquinanti, evitando l'immissione nell'aria di 4,3
tonnellate di polveri sottili, di 84 mila tonnellate di CO2, di 108,8 tonnellate dí ossidi di azoto, di 39,5 tonnellate di anizdride solforosa, oltre a un minor
consumo di 29 mila tep,ovvero tonnellate equivalenti di petrolio.
Altro fronte di intervento è l'attività di ispezione ad impianti e centrali termiche. Nel 2014 il Comune ha effettuato in media l'8 per cento di controlli.
Pari al 13 per cento in più di quanto previsto dalla legge. regionale. Un risultato che vede Milano come «unica città o provincia lombarda a superare il 5 per cento», sottolineano da Palazzo Marino. L'esito dei controlli sono 2.338 ordinanze per non conformità di impianti e centrali termiche tra ottobre 2014 e ottobre 2015. In pratica: un impianto su quattro risulta fuori norma. La maggior parte delle irregolarità è legata a questioni di sicurezza.
Per Achille Colombo Clerici, presidente di Assoedilizia, che rappresenta i proprietari immobiliari, la «colpevolizzazione» degli impianti di riscaldamento privati «è frutto di un giudizio sommario e unilaterale e rappresenta una "via di comodo" per la pubblica amministrazione».
E ricorda: «Da anni i proprietari immobiliari milanesi sono impegnati ad ottemperare a norme di leggi regionali e ad ordinanze comunali, e ora si sentono dire che il maggior responsabile dell'inquinamento atmosferico continua ad essere il riscaldamento degli edifici».
«C'è da fare molto ancora e di diverso afferma prima di colpevolizzare gli impianti condominiali: questi la loro parte l'hanno già fatta, ora si realizzi il resto. Il principale responsabile dell'inquinamento da Pm10 è altrove. Non nell'uso degli impianti privati condominiali di riscaldamento, ma nella circolazione di veicoli inquinanti pubblici e privati, nel sollevamento delle polveri sottili in strade che non vengono lavate, negli impianti
obsoleti pubblici».
150 le migliaia di alloggi che tra cinque anni dovrebbero entrare nella rete per essere teleriscaldati 100 le migliaia di alloggi «equivalenti» che sono oggi teleriscaldati, in crescita sul 2014.
Provvedimento: Il Comune ha invitato i negozi ad abbassare il riscaldamento e a non usare dispositivi che tengano le porte aperte.
V'e' una parte degli economisti e degli operatori che, trattando il tema delle privatizzazioni delle imprese, cioe' delle dismissioni degli asset rappresentati dalle aziende dello Stato e del parastato, si limita a darne un giudizio sul piano meramente economico, consistente nella valutazione dei termini commerciali in cui dette operazioni si sono risolte.
Ed il giudizio, ad eccezione di alcuni casi, e' fondamentalmente e complessivamente positivo.
Queste aziende sono state alienate a condizioni sostanzialmente equilibrate tra ricavo e valore di mercato.
In poco piu' di vent'anni, la mano pubblica, per quanto concerne l'amministrazione centrale, ha proceduto a decine e decine di privatizzazioni; per un controvalore monetario di oltre 100 miliardi di euro, per le sole compiute dal 1992 al 2000.
Mentre in sede decentrata l'operazione, per motivi legati prevalentemente a interferenze del potere locale, non ha seguito lo stesso trend.
Si pone dunque la questione di un giudizio politico sulla validita' di tale operazione nel suo complesso: alla fine di questo percorso il "pubblico" ne e' uscito arricchito o impoverito ?
La questione e' socialmente rilevante visto che si trattava di beni della collettivita' costitutiti prevalentemente a spese dei contribuenti.
Se vogliamo ricorrere ad un parallelismo possiamo considerare semplicisticamente che se una famiglia si induce a vendere l' argenteria lo fa sostanzialmente per tre ragioni: o per ridurre l'indebitamento complessivo, o per ridimensionare i costi correnti a carico dei singoli componenti, o per nuovi investimenti produttivi.
Per il pubblico questa ultima voce corrisponderebbe grosso modo alle nuove infrastrutture capaci di generare crescita economica.
Ebbene, se caliamo questa griglia di ragionamento sul caso che stiamo esaminando, possiamo osservare come negli ultimi 20 anni il debito pubblico sia cresciuto costantemente, la pressione fiscale, anche pro capite, sia aumentata in modo esponenziale, le nuove infrastrutture non abbiano inciso significativamente sulla nostra economia. Visto che da vent' anni nel Paese non s'e' vista una qualche particolare crescita economica, per usare un eufemismo.
D'altronde non riesco a vedere altri piani per la valutazione di un qualche beneficio.
Il giudizio a tal punto ognuno lo tragga da se'.
Inquinamento atmosferico. Achille Colombo Clerici, presidente di Assoedilizia che rappresenta i proprietari immobiliari dichiara:
« Da anni ed anni i proprietari immobiliari milanesi sono impegnati ad ottemperare a norme di leggi regionali e ad ordinanze comunali che hanno via via imposto:
- il cambio dei buciatori delle caldaie pur perfettamente funzionanti, ma non rispondenti a parametri di efficienza fissati in modo apodittico con formule tecniche indecifrabili da parte del cittadino;
- lavori edilizi di adattamento dei locali caldaie conseguenti alle opere tecniche eseguite.
- l'installazione delle valvole di termoregolazione del riscaldamento, nonche' di contabilizzazione del calore.
- la riduzione della temperatura a 19 gradi e dell'arco di riscaldamento giornaliera a 12 ore ( misure straordinarie anti inquinamento )
Ora, si sentono dire che il maggior responsabile dell' inquinamento atmosferico continua ad essere il riscaldamento degli edifici, compresi quelli condominiali e corrono il rischio di dover ulteriormente abbassare la temperatura degli ambienti domestici 'colpevolizzati' e di stare piu' al freddo.
Riteniamo che questa posizione, risulti frutto di un giudizio sommario e unilaterale e rappresenti una 'via di comodo' per la pubblica amministrazione. C'e' da fare molto ancora e di diverso, prima di colpevolizzare gli impianti condominiali: questi la loro parte l'hanno gia' fatta, ora si realizzi il resto. »
Possiamo ritenere che nelle aree metropolitane italiane, e Milano è tra queste, il principale responsabile dell’inquinamento da Pm10, sia altrove, non nell'uso degli impianti privati condominiali di riscaldamento: ma nella circolazione di veicoli inquinanti pubblici e privati, nel sollevamento delle polveri sottili in strade che non vengono lavate, negli impianti obsoleti pubblici .
Una buona parte dell’inquinamento prodotto dal traffico su gomma è dovuto ad auto diesel di vecchio tipo, prive di filtro antiparticolato, la cui circolazione andrebbe vietata; e al fatto che le particelle prodotte dall’ usura dei freni e delle gomme si depositano sull’asfalto e vengono riportate nell’aria ad ogni passaggio di veicolo. Perciò, in assenza di pioggia, le strade andrebbero lavate.
Certo, il riscaldamento civile ha la sua parte di responsabilità nella produzione di smog: ma quasi la metà di questo è dovuta al riscaldamento a legna (camini, stufe, forni) che non sono certo utilizzati dai condomini.
I proprietari di casa nei condomini, hanno fatto sforzi economici considerevoli per ridurre l’inquinamento dell’aria. Non la stessa cosa si può dire per molti edifici pubblici che utilizzano ancora oggi impianti di riscaldamento vetusti, addirittura caldaie ad olio combustibile. E, mentre la gran parte delle famiglie ha obbedito all’ordinanza antismog del Comune che impone una temperatura massima di 19° e la riduzione a 12 ore del riscaldamento, in parecchi uffici, anche pubblici, si toccano i 23-24°.
Il 72% della popolazione italiana (vale a dire piu' di 41 milioni di persone che costituiscono oltre la metà degli europei colpiti dall’inquinamento acustico) vive rintronata da rumori superiori ai limiti massimi stabiliti dall’ OMS-Organizzazione Mondiale della Sanità, che sono: 65 decibel di giorno, 55 decibel di notte. La soglia di rischio viene indicata in 85 decibel.
Il principale responsabile è il traffico stradale prevalentemente privato (56%); seguono a grande distanza il rumore degli aeroporti (6%) e quello ferroviario (5%). Mentre il restante 33% è dovuto alla vita lavorativa e del tempo libero: dal frastuono della fabbrica a quello delle discoteche, passando per i rumori vari dell'ufficio e del condominio.
Se alcune fonti di rumore è giocoforza sopportarle (sono le conseguenze della vita in comune) altre sarebbero eliminabili: basterebbe la “volontà politica”. Ad esempio, discoteche e locali pubblici con musica dovrebbero essere piu' rigorosamente regolamentati nelle zone densamente abitate: tali locali, pur obbligati dalla legge ad adeguate insonorizzazioni, portano in dote il disturbo procurato dall'indotto (clienti schiamazzanti all'esterno dei ritrovi, per citare).
L’assenza di traffico e di rumore ha benefici effetti, sia sulle attività commerciali, sia sui valori edilizi, a prescindere ovviamente dal miglioramento della qualità della vita in generale. Il 55% dei negozianti “campionati” in diverse città italiane prima della recessione aveva registrato un incremento degli affari pari al 20% medio dopo l’istituzione dell’isola pedonale, così come era successo per i valori degli immobili.
Ma molto più importanti sono le conseguenze sulla salute della popolazione. Secondo l’International Commission on Biological Effects Noise-Icben il rumore della città causa danni non solo all’apparato uditivo, ma anche a quello cardiovascolare e nervoso: danni che si traducono in vere e proprie malattie dai costi altissimi. In Italia, per citare, ci sono più giovani sordi oggi di sessant’anni fa nonostante le condizioni di vita siano enormemente migliorate; responsabili principali il frastuono dei luoghi di divertimento e dei cosiddetti mp3, apparecchi per ascoltare musica. Ma infarti ed ictus causati dallo stress da rumore colpiscono ad ogni età. Sempre la ricerca Icben afferma che il rischio cardiovascolare aumenta del 7 per cento circa ogni 10 decibel oltre la soglia limite (85 decibel).
Che fare? Con enorme ritardo – per citare, il Piano di Azzonamento Acustico di Milano era previsto a marzo 1992, ed è stato approvato a settembre del 2013, le lobbies sono sempre all’opera - la politica viene in aiuto ai cittadini-amministrati. Ma sarebbe sufficiente adottare la normativa vigente per consentire il diritto di divertirsi, di prosperare, di dormire, facendo convivere queste tre esigenze. Ci sono esempi virtuosi anche in Italia. Occorre certamente una precisa attività di pianificazione delle licenze che derivi da una attività di pianificazione acustica e un chiaro messaggio della Pubblica Amministrazione sulla disciplina del commercio. Non esiste comunque un intervento risolutore, ma tanti piccoli interventi che, messi assieme, possono conseguire un buon risultato.
Occorre, sicuramente, più educazione civica, perchè è sempre l’uomo che causa il rumore; e, se l’educazione manca, occorre intensificare controlli e sanzioni da parte della vigilanza comunale.
Oggi il centro di Milano e' diventata una libera palestra per gli esercizi canori a tutto volume dei piu' improvvisati strimpellatori.
Occorre inoltre adeguare le normative europee di omologazione dei motocicli, ciclomotori e mezzi pesanti perchè ad essi sono concessi livelli di rumorosità inaccettabili per la vita in ambito urbano; ma soprattutto vanno esercitati controlli perche' le normative siano rispettate. Occorre generalizzare l’uso di asfalto fonoassorbente che, tra l’altro, è più sicuro in caso di pioggia. Bisogna costruire edifici già bene fonoisolati, ed è necessario provvedere alla posa di barriere antirumore laddove sia possibile (e pazienza se tolgono un po’ di “vista”).
Ma è fondamentale sviluppare, magari fin dalla scuola, una cultura antirumore per invertire una tendenza che, non controllata, potrebbe portare a conseguenze imprevedibili .
Grande interesse per il convegno – un vero e proprio workshop che ha visto la partecipazione di molti addetti ai lavori – sulla riforma del Catasto dei Fabbricati, organizzato da Assoedilizia martedì 29 aprile.
Le sale di via Meravigli, sede di Assoedilizia, erano stracolme e la partecipazione si deve, sia al fatto che il convegno è uno dei primi su questo tema in Italia, sia alla preoccupazione per come la riforma si tradurrà nella pratica: “La filosofia dichiarata della riforma – ha detto Achille Colombo Clerici, il presidente di Assoedilizia – è quella di eliminare sperequazioni e storture nella tassazione sugli immobili. La preoccupazione è che la riforma, della quale non si conoscono esattamente i contorni dei contenuti, possa causare incertezza nel trattamento fiscale degli immobili scoraggiando gli investimenti. L'incertezza è nemica della fiducia che genera investimenti”.
Un aspetto che desta preoccupazione, nella legge che conferisce al governo la delega per riformare il Catasto (n. 23, dell'11 marzo), è la “invarianza del gettito”. “Ai proprietari di immobili – commenta Colombo Clerici - una generica invarianza del gettito non interessa. Interessa l'invarianza del prelievo cui saranno sottoposti. Noi sosteniamo che dovrebbe essere introdotta una norma che mette al riparo la proprietà da escalations fiscali”.
Se il mercato immobiliare, come è stato notato, tiene a Milano e Roma, altrove la crisi si avverte in misura maggiore. In generale è stato auspicato un maggior coinvolgimento delle associazioni di categoria da parte del governo per delineare i contenuti di una riforma tanto necessaria quanto impegnativa per la complessità e la vastità delle situazioni che devono essere normate, in altre parole le variabili che determinano le classificazione delle case e la conseguente tassazione.
Antonio IOVINE, esperto in materia catastale ed estimo de "IL SOLE 24 ORE" ed ex dirigente del Catasto, ha spiegato che la “maggiore criticità sta nel grande numero di unità immobiliari da trattare, cioè 63 milioni.
Di conseguenza, la difficoltà starà soprattutto nel tradurre in pratica il modello”. Sul modello Iovine afferma che “il livello qualitativo è sicuramente migliore, e si avrà una maggiore trasparenza: sempre che tutto venga reso pubblico, a disposizione dei cittadini”. Si è inoltre auspicato che le commissioni tributarie, gli organi giudiziari preposti a giudicare sui contenziosi tra i proprietari e l'amministrazione pubblica, vengano dotate di una sezione speciale in materia di immobili con competenze ad hoc.
Al convegno, moderato dal giornalista del Sole-24 Ore Saverio FOSSATI, hanno partecipato, anche Ugo FRIEDMANN, del collegio notarile di Milano, Antonio PICCOLO e Massimo DE ANGELIS, di Assoedilizia, Cristiano CREMOLI e Paolo RADICE presidente e segretario generale del collegio dei geometri della provincia di Milano e Mirco MION presidente di Agefis Associazione nazionale dei geometri fiscalisti.
Quella dei geometri è apparsa una figura fondamentale nel lavoro che attende i catasti durante il percorso di riforma. Dopo i relatori è stato dato il via a un workshop dove si è entrati nello specifico delle potenziali conseguenze della riforma.
Sono intervenuti
-Avv. Bruna VANOLI GABARDI, Assoedilizia,
-Avv. Federico Filippo ORIANA, Amministratore delegato Aspesi
-Ing. Flavio TRESOLDI, Ordine degli Ingegneri di Milano
-Arch. Enrico VIGANO’, Ordine degli Architetti di Milano
-Perito Industriale Edile Federico DOTTI, Collegio dei Periti Industriali e dei Periti Industriali Laureati delle province di Milano e Lodi
Federico Oriana ha dichiarato: “Il Catasto incide in misura rilevantissima sia sui promotori immobiliari che sui loro clienti. La riforma del Catasto, essendo tutte le imposte (IMU, Tasi, Tari) parametrate ai valori catastali, comporterà un ulteriore aumento dei costi fiscali reali, allontanando ancora di più gli italiani dall’investimento immobiliare a fini di risparmio in un momento in cui tutti i mercati immobiliari in Italia, di tutte le città e i paesi - da Novara a Canicattì - sono sotto terra, spesso sotto il costo di costruzione.
Si vuole dare una bastonata sulla nuca a un moribondo, ad un Paese dove tra il 2012 e il 2013 la fiscalità immobiliare è salita – per colpa di tanti – del 60% divenendo non solo la più alta in Europa dietro alla Francia (che però ha una ben diversa efficienza di sistema ed eroga ben diversi servizi a chi dispone di immobili, facendoli pagare a tutti ! ), ma la più alta del mondo! Un ulteriore aumento, provocato dall’innalzamento dei valori catastali, sarebbe un vero disastro”.
“Il Catasto incide in misura rilevantissima sia sui promotori immobiliari che sui loro clienti. La riforma del Catasto, essendo tutte le imposte (IMU, Tasi, Tari) parametrate ai valori catastali, comporterà un ulteriore aumento dei costi fiscali reali, allontanando ancora di più gli italiani dall’investimento immobiliare a fini di risparmio in un momento in cui tutti i mercati immobiliari in Italia, di tutte le città e i paesi - da Novara a Canicattì - sono sotto terra, spesso sotto il costo di costruzione.
Si vuole dare una bastonata sulla nuca a un moribondo, ad un Paese dove tra il 2012 e il 2013 la fiscalità immobiliare è salita – per colpa di tanti – del 60% divenendo non solo la più alta in Europa dietro alla Francia (che però ha una ben diversa efficienza di sistema ed eroga ben diversi servizi a chi dispone di immobili, facendoli pagare a tutti ! ), ma la più alta del mondo! Un ulteriore aumento, provocato dall’innalzamento dei valori catastali, sarebbe un vero disastro”.
Nel commentare sul punto il DdL 1413, presentato al Senato dal Presidente del Consiglio dei Ministri Matteo Renzi e dai Ministri Lupi, Padoan, Lanzetta, il presidente di Assoedilizia Achille Colombo Clerici ha affermato:
« Non possiamo esimerci dal fare qualche considerazione generale sul tema del contratto di locazione a canoni concordati e sulla sua funzione sociale ed economica.
Il testo del Piano-casa attuale, per quanto concerne questo aspetto, per ora va bene: ma si tratta di una misura emergenziale.
Per le future decisioni credo si debba tener conto di queste considerazioni.
Nel nostro ordinamento sono presenti tre canali operativi dell'edilizia, in relazione alle diverse esigenze abitative e socio-economiche ed alle dinamiche espresse dal Paese.
Il canale sovvenzionato (ERP-Edilizia popolare), l'agevolato-convenzionato (cooperative - imprese), ed il canale libero ( investimenti privati liberamente gestiti): ciascuno con una sua logica, sue finalita' e sue funzioni.
Confondere i differenti campi puo' essere fuorviante e controproducente.
Dal 1999 il nostro Stato non finanzia piu' l'edilizia residenziale pubblica (nel canale sovvenzionato-case popolari, c'erano i cosiddetti contributi Gescal); sul fronte del canale convenzionato-agevolato concentra l'attenzione sull' housing sociale, che rappresenta un settore di nicchia con pochi episodi significativi, assai sbandierati ; e sterilizza l' edilizia libera.
Solo il piano Renzi, sia pure timidamente, ha cominciato a rifinanziare interventi di edilizia popolare ( ERP).
Quando noi chiediamo di alleggerire la pressione fiscale sulla locazione libera, come unico modo per rilanciare il mercato, ci sentiamo rispondere che gia' si sta facendo nei confronti dei contratti agevolati ai sensi della legge 431, che costituiscono un "segmento intermedio tra l'edilizia residenziale pubblica ed il mercato libero"( Disegno di legge in itinere n. 1413, relazione.)
Tuttavia, quella di usare il patrimonio edilizio abitativo di proprieta' privata, come via maestra per tentare di risolvere i problemi del settore, e' un'idea fuorviante.
Anche se si tratta di trovar casa alle "famiglie che presentano una bassa capacita' di reddito", puo' esser solo una misura d'emergenza: ricordiamo gli effetti nefasti dell'equo canone.
Non certo perche' sia errato concedere incentivi fiscali a chi tiene bassi gli affitti( come potrebbe sostenersi una tesi del genere?), ma perche' questa logica porta a tenere alta la pressione fiscale su chi non li abbassa.
Cio' al fine di creare quel differenziale di condizioni economico-fiscali, senza il quale non scatta nel proprietario l'interesse a ricorrere a forme di locazione "concordate".
Cosa che peraltro e' sistematicamente avvenuta, ed in modo esponenziale, dalla fine del 2011 in poi: quando il Governo , in un sol colpo, ha moltiplicato i coefficienti catastali, ha raddoppiato l'aliquota dell'Imu ed ha ridotto al lumicino le deduzioni forfetarie dai canoni locativi, per spese di produzione del reddito.
Come se cio' non bastasse ha accelerato la riforma catastale.
Introducendo parallelamente una riduzione progressiva dell'aliquota per la cedolare secca, ma solo per i contratti agevolati.
La misura della defiscalizzazione del contratto agevolato non puo' esser dunque strutturale, ai fini della soluzione dei problemi abitativi dei meno abbienti e non si correla all'esigenza di rivitalizzare il mercato e l'investimento privato immobiliare.
Essa crea, all'interno del mercato stesso, un'area "depressionaria" : non genera investimenti e non produce gettito fiscale, come viceversa il mercato libero.
Ed inoltre non riguarda neppure tutte le locazioni, ma solo quelle stipulate tra persone fisiche e non per usi commerciali.
Le locazioni commerciali, peraltro, subiscono una pressione fiscale inusitata: e pensare che esse rappresentano una forma indiretta di finanziamento delle attivita' commerciali ( pensiamo alle Start-up ).
Ecco il motivo per cui andiamo ripetendo che la cedolare secca dovrebbe estendersi a tutte le locazioni indistintamente ad a tutti i soggetti e che l'aliquota Imu dovrebbe esser dimezzata indistintamente per tutti gli immobili in locazione: com'era d'altronde stabilito nella legge istitutiva del federalismo fiscale municipale.
Si innescherebbe un meccanismo economico-fiscale virtuoso che alla fine, con riferimento a tutti i comparti dell'immobiliare (principali ed indotto), produrrebbe persino un gettito tributario maggiore dell'attuale. »
Due workshop in Assoedilizia con la presenza di 600 operatori del settore immobiliare, proprietari, avvocati e amministratori.
I saluti dei presidenti Achille Colombo Clerici (Assoedilizia), Paolo Giuggioli (Ordine degli Avvocati), Renato Laviani (Anai) e le relazioni degli avvocati Maurizio De Tilla, Cesare Rosselli, Augusto Cirla, Paola Di Patrizio, Marco Marchiani
In Italia una riforma, da quando viene concepita a quando vede la luce, è oggetto di tanti di quegli interventi del blocco burocratico-corporativo-amministrativo che può uscirne snaturata. Per di più viene presentata con un linguaggio così ermetico da lasciare attoniti.
Intendiamoci, non è questo un fenomeno unico al Belpaese: succede in ogni democrazia, ma certamente da noi assume dimensioni inaccettabili. E tocca alla fine alla magistratura dare interpretazioni, chiarire dubbi, tracciare il solco del diritto aiutata in ciò dagli avvocati. Nel corso degli anni e dei decenni.
E’ successo, in parte, anche con la riforma del Condominio. Per farla ci sono voluti più di 70 anni, ed ha un nome e una data: Legge di Riforma del condominio (11.12.2012 n. 220). Qualche marchiano errore, qualche assurdità, qualche contraddizione sono stati risolti prima della stesura definitiva anche grazie all’intervento dell’associazione della proprietà edilizia (ricordiamo i numerosi convegni, la grande adesione – oltre mille associati in più riprese - la consulenza ai parlamentari, agli organismi tecnici impegnati nella stesura e agli organi d’informazione). Ma resta ancora molto da chiarire: e soprattutto bisogna essere in grado di sostenere, davanti al magistrato, la versione più corretta della normativa.
Ecco quindi gli incontri organizzati da ASSOEDILIZIA e da ANAI tra gli operatori del settore immobiliare, proprietari di immobili, avvocati e amministratori immobiliari per approfondire e dibattere sugli argomenti non ancora risolti svoltosi nelle sale dell’Associazione, affollate (circa 600 i partecipanti).
I lavori sono stati moderati dal Giudice del Tribunale di Milano, sezione XIII, dott. Giacomo Rota ed hanno ricevuto i saluti di avvio del Presidente di Assoedilizia Achille Colombo Clerici, dell’avv. Renato Laviani di Anai e del presidente di ASPESI Federico Filippo Oriana.
Con la partecipazione dell’avv. Paolo Giuggioli, Presidente dell’Ordine Avvocati di Milano.
L’avv. Maurizio De Tilla, Presidente Nazionale Anai (Innovazioni e modificazioni d’uso), ha affrontato temi quali la multiproprietà, le modificazioni d’uso, numerosi tipi di innovazione, le tabelle millesimali, il condominio, il supercondominio, la solidarietà passiva. Ma anche il presidente della nuova associazione di legali (costituita da un anno conta 117 sezioni con 5000 iscritti) ritiene che su alcune questioni importanti la riforma abbia lasciato le cose al punto di prima.
Il coordinatore dei corsi di aggiornamento professionale amministratori avv. Cesare Rosselli è intervenuto con una breve relazione su “Oneri e responsabilità dell'amministratore” illustrando le principali novità in materia introdotte dalla legge n.220/2012 di riforma del condominio nonchè dal recente Decreto legge 145 del 23/12/13
L'attenzione è stata posta, tra gli altri, sui temi più delicati e controversi riguardanti la nullità della nomina dell'amministratore per mancata indicazione analitica del compenso, la sospensione dell'efficacia della nomina in caso di richiesta assembleare di stipula di polizza assicurativa personale, la durata dell'incarico specialmente sotto il profilo del rinnovo tacito. Sono stati esaminati infine i casi in cui è possibile procedere alla revoca, casi il cui studio fornisce anche utili indicazioni sui doveri dell'amministratore. Si è pure posto in luce che a differenza del sistema previgente la nuova norma in tema di revoca prevede una serie di ipotesi tipiche in riferimento alle quali la valutazione del giudice appare vincolata e, comunque, estremamente limitata.
Secondo l’avv. Augusto Cirla (Supercondominio, condominio parziale e minimo) “con il nuovo art. 1117 bis il supercondominio viene espressamente riconosciuto dal legislatore della riforma nelle sue possibili configurazioni, vale a dire nel caso di più unità immobiliari autonome o più edifici con beni o servizi in comune, oppure di più gruppi di unità immobiliari autonome aventi ciascuna una organizzazione condominiale (definiti condominii di unità immobiliare) o infine di più gruppi di edifici condominiali (definiti condominii di edifici). Il termine supercondominio individua dunque quei complessi immobiliari costituiti da singole unità immobiliari o da edifici, a cui corrispondono altrettanti condominii, che hanno tra loro alcune cose, impiamti e servizi contestualmente legati dalla relazione di accessorio a principale. Ogni acquirente del singolo appartamento si trova così automaticamente a far parte di due distinte organizzazioni condominiali: di quella riguardante il fabbricato dove è sita la sua singola proprietà e di quella comprendente le aree e i servizi comuni a tutti i partecipanti al più ampio complesso condominiale
Per la consulente di Assoedilizia avv.ssa Paola Di Patrizio (Morosità e solidarietà passiva) la legge di riforma ha aggravato in modo significativo le responsabilità dell’amministratore con riferimento alle morosità in condominio, stabilendo che l’avvio dell’azione giudiziale di recupero del credito debba avvenire, salvo deroga accordata dall’assemblea, entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio in cui il credito esigibile è compreso e stabilendo che l’azione giudiziale intrapresa debba essere curata diligentemente dall’amministratore in ogni sua fase, fino all’esecuzione coattiva, pena la revoca giudiziale dall’incarico. Quanto ai creditori del condominio, le stringate disposizioni che affrontano l’argomento, peraltro senza pronunciarsi esplicitamente sulla dibattuta questione della natura parziaria o solidale della responsabilità dei condomini per le obbligazioni contratte dal Condominio, stabiliscono che il terzo insoddisfatto possa agire esecutivamente nei confronti del condomino in regola con pagamenti solo dopo l’escussione dei condomini morosi; solo dopo, cioè, che, mediante esperimento di azioni esecutive, sia stata accertata l’incapienza (totale o parziale) del patrimonio del moroso. Trattasi di sistema particolarmente gravoso per il terzo sia in termini economici, posto che potrebbe essere costretto a promuovere più azioni esecutive, sia per la tempistica di concreto realizzo del credito. Per arginare il rischio del mancato soddisfacimento del credito del terzo molto potranno fare sia la tempestiva attività di recupero dei contributi condominiali da parte dell’amministratore, senz’altro voluta dalla riforma, e la prevista costituzione del fondo obbligatorio per le manutenzioni straordinarie e le innovazioni.
“Assemblea condominiale e impugnativa” è stato il tema dell’avv. Marco Marchiani, consulente di Assoedilizia.
La materia assembleare, ha detto, non presenta particolari difficoltà interpretative pur nell’ambito delle modificazioni introdotte dalla riforma che hanno riguardato principalmente sia le modalità di convocazione dell’assemblea, che lo svolgimento della stessa e le maggioranze richieste. Sulle modalità di convocazione, ora tipizzate in alcune ipotesi ben individuate, il dubbio che sorge è se tramite il Regolamento di Condominio si possa allargare o meno la loro tipologia; l’interpretazione è a mio parere positiva solo nel senso che il Regolamento possa limitare le modalità di convocazione ad alcuni meccanismi soltanto, ma non ampliarne i generi. Per quanto riguarda invece lo svolgimento vero e proprio dell’assemblea, oltre alla riduzione del numero dei condomini per la partecipazione e la validità delle deliberazioni, per le quali è sempre prevista ora la sola maggioranza dei presenti, (perciò con una certa riduzione dei numeri, ma non delle quote), v’è da precisare che il recente D.L. 145/13 ha attribuito alla competenza dell’assemblea l’applicazione delle sanzioni ai condomini per le violazioni al Regolamento di Condominio, nonché la facoltà di poter dilazionare i tempi di versamento del fondo obbligatorio per opere straordinarie (art.1135 c.c.), nel caso di pagamenti effettivamente dilazionati all’Impresa. Resta da precisare che si deve ritenere tutt’ora esistente la figura del Presidente dell’assemblea, la cui menzione è stata di fatto eliminata, anche in applicazione analogica dell’art. 1371 c.c. e seg.ti; ed al Presidente va attribuito il compito di redigere il verbale, ora allargato al contenuto della riunione e non più alla sola deliberazione, nonché alla verifica della regolarità della convocazione ed all’eventuale riduzione delle deleghe in eccesso.
Numerosi i quesiti cui sono state date risposte. E l’accordo, tra Assoedilizia e Anai, di incontrarsi ancora per ulteriori interventi di chiarimento.
Dichiarazione del presidente di Assoedilizia Achille Colombo Clerici
Finalmente si dice in modo ufficiale cio' che in Italia sapevano tutti, ma che nessuna istituzione osava dichiarare.
Ma il rilievo della Agenzia delle Entrate genera, oltre che riflessioni, anche preoccupazioni.
Come si potranno introdurre i correttivi fiscali previsti dalle Legge delega al Governo sulla riforma fiscale, in relazione ai nuovi valori catastali derivanti della Riforma in atto, in una Italia a due o tre velocita' non solo nella risposta fiscale dei contribuenti, ma anche nel funzionamento delle istituzioni ?
Tali correttivi, che verosimilmente potranno consistere in un congruo abbassamento delle aliquote delle diverse imposte interessate, saranno determinati da una legge nazionale, avente come sfera di applicabilita' l'intero territorio del nostro Paese, che, come si evidenza nel rilievo dell' Agenzia, vede e vedra', un fisco a "macchia di leopardo".
Non sara' mai il momento per ritoccare quelle aliquote per Piemonte, Lombardia, Veneto, Liguria, Emilia, Toscana quando saranno ancora da mettere a regime aree come la Campania, mezza Puglia e mezzo Lazio, La Calabria e buona parte della Sicilia.
Purtroppo, nel nostro Paese si e' ricorsi allo storico principio che, a detta mio maestro Enrico Allorio, ha sempre improntato la fiscalita' italiana.
Poiche' un'elevata quota di evasione e' endemica, per ottenere il gettito si tenga alto il carico fiscale.
L'esito e' comunque disastroso per i contribuenti a regime.
Oggi per costoro non sfugge piu' una virgola al Fisco ed il soggiacere ad un sistema mirato a "compensare l'evasione" produce un effetto stritolante.
Ma c'e' anche un altro principio da ricordare. Un principio inespresso e pur tuttavia ispiratore di fatto della politica socio-fiscale italiana: in alcune aree del Paese gestione del fisco per una redistribuzione della ricchezza.
Per inciso, buona parte della fiscalita' immobiliare dipende ora dalla collaborazione tra Comuni ed Agenzia delle Entrate.
Un principio quest'ultimo di comodo ed assolutamente errato e fuorviante.
Basta considerare l'attuale dato regionalizzato del residuo fiscale pro capite per evidenziare le sperequazioni in atto: in alcune aree del Paese il gettito pro capite delle imposte sulla casa e' un terzo che in altre zone ed i cittadini ricevono ciascuno dallo Stato piu' del doppio di quanto pagano allo stesso.
Non e' solo questione di dislivelli di ricchezza.»