In nessun Paese europeo, come in Italia, si verificano così tante calamità naturali: negli ultimi 50 anni frane, alluvioni, terremoti e inondazioni hanno provocato oltre 2000 morti, centinaia di migliaia di sfollati, molte decine di miliardi di danni. Lo afferma il Cnr che ne spiega anche le cause: fortissima densità abitativa (oltre 60 milioni di abitanti in soli 300.000 kmq, il 40 % dei quali montani), un territorio fragile, la carenza di prevenzione, un’altissima densità di abitazioni e uno sviluppo edilizio sconsiderato; spesso si e' costruito sui pendii franosi dei monti, come negli alvei dei fiumi.
A lutti e rovine si aggiungono i gravi danni all’economia. Lo Stato aiuta in ritardo, e solo parzialmente, chi ha perso tutto, dalla casa all’azienda. Poi ci sono i costi della ricostruzione delle infrastrutture pubbliche. Non ci sono soldi, si afferma. Ecco quindi spuntare l’idea, che gode del sostegno di una forte e ben individuata lobby, di imporre ai proprietari di casa una nuova tassa, definita anticalamità, sotto forma di polizza obbligatoria, di importo variabile secondo la pericolosità della zona in cui si vive.
La polizza obbligatoria anticalamità ha radici antiche: ci si provò nel 1993, poi nel 2005 e nel 2012, nonostante che in due diverse occasioni (1999 e 2003) l'Autorità garante della concorrenza e del mercato l’abbia sonoramente bocciata: “Non si può dimenticare – ha sottolineato l’Antitrust – che l'imposizione di un obbligo assicurativo contribuisce a irrigidire la domanda dei consumatori, che saranno indotti ad accettare le condizioni praticate dalle imprese, anche quando le considerano particolarmente gravose”.
Ma c'e' di piu': l'introduzione di una assicurazione obbligatoria a carico dei danneggiati potrebbe paradossalmente essere controproducente. Lo Stato, sollevato dall'obbligo delle ricostruzioni e degli indennizzi, potrebbe sottrarsi di fatto gradualmente al suo compito istituzionale di investire nella salvaguardia e nella sicurezza del territorio.
E cosi' si chiuderebbe, una volta per tutte, con l'ennesimo errore, il cerchio della protezione inefficiente del bel Paese. Colombo Clerici
In nessun Paese europeo, come in Italia, si verificano così tante calamità naturali: negli ultimi 50 anni frane, alluvioni, terremoti e inondazioni hanno provocato oltre 2000 morti, centinaia di migliaia di sfollati, molte decine di miliardi di danni. Lo afferma il Cnr che ne spiega anche le cause: fortissima densità abitativa (oltre 60 milioni di abitanti in soli 300.000 kmq, il 40 % dei quali montani), un territorio fragile, la carenza di prevenzione, un’altissima densità di abitazioni e uno sviluppo edilizio sconsiderato; spesso si e' costruito sui pendii franosi dei monti, come negli alvei dei fiumi.
A lutti e rovine si aggiungono i gravi danni all’economia. Lo Stato aiuta in ritardo, e solo parzialmente, chi ha perso tutto, dalla casa all’azienda. Poi ci sono i costi della ricostruzione delle infrastrutture pubbliche. Non ci sono soldi, si afferma. Ecco quindi spuntare l’idea, che gode del sostegno di una forte e ben individuata lobby, di imporre ai proprietari di casa una nuova tassa, definita anticalamità, sotto forma di polizza obbligatoria, di importo variabile secondo la pericolosità della zona in cui si vive.
La polizza obbligatoria anticalamità ha radici antiche: ci si provò nel 1993, poi nel 2005 e nel 2012, nonostante che in due diverse occasioni (1999 e 2003) l'Autorità garante della concorrenza e del mercato l’abbia sonoramente bocciata: “Non si può dimenticare – ha sottolineato l’Antitrust – che l'imposizione di un obbligo assicurativo contribuisce a irrigidire la domanda dei consumatori, che saranno indotti ad accettare le condizioni praticate dalle imprese, anche quando le considerano particolarmente gravose”.
Ma c'e' di piu': l'introduzione di una assicurazione obbligatoria a carico dei danneggiati potrebbe paradossalmente essere controproducente. Lo Stato, sollevato dall'obbligo delle ricostruzioni e degli indennizzi, potrebbe sottrarsi di fatto gradualmente al suo compito istituzionale di investire nella salvaguardia e nella sicurezza del territorio.
E cosi' si chiuderebbe, una volta per tutte, con l'ennesimo errore, il cerchio della protezione inefficiente del bel Paese.