Per la prima volta – anche se “sul campo” è attivo da cinque anni - è stato presentato al pubblico nella sede Assoedilizia di Milano un nuovo sistema di monitoraggio tecnologico in tempo reale dello stato di “salute” delle strutture di un edificio come di qualsiasi costruzione, dal viadotto alla galleria.
Il sistema è stato messo a punto da Safe Certified Structure (SCS), una società di ingegneria che si avvale del contributo di alcuni ingegneri strutturisti italiani di chiara fama a livello internazionale con il supporto di AXA, IBM e STMicroelectronics, colosso franco-italiano con sede a Ginevra (Svizzera), per la produzione di componenti elettronici.
Tale sistema si rivela nettamente più efficiente, economico e meno invasivo degli attuali sistemi di monitoraggio che prevedono prove di carico, analisi dinamiche ed altre prove in situ, completate ed integrate da analisi numeriche caratterizzate da diversi livelli di complessità e dalla valutazione esperta di un tecnico abilitato. Tali attività risultano generalmente propedeutiche al rilascio del CIS (Certificato di Idoneità Statica) previsto dal Regolamento Edilizio del Comune di Milano, nei confronti del quale Assoedilizia ha presentato ricorso al TAR.
I sistemi di monitoraggio (Structural Health Monitoring o SHM) proposti da SCS sono costituiti da una rete di sensori di alta qualità (accelerometri, inclinometri, sensori di pressione, fessurimetri) per monitorare i parametri strutturali critici. SHM è connesso al cloud per l'acquisizione, la elaborazione e la conservazione dei dati, che vengono confrontati in tempo reale con i risultati attesi dal modello matematico della struttura, per rilevare grazie all'utilizzo di algoritmi avanzati qualsiasi debolezza nella qualità della costruzione.
Controllare costantemente il profilo di rischio della struttura monitorata consente l'allocazione più efficiente delle risorse per la manutenzione e riparazione, generando importanti risparmi nella gestione della proprietà. Inoltre, per garantire un elevato standard di sicurezza, chiamate di emergenza sono automaticamente attivate quando vengono raggiunte le soglie di allarme predeterminate dal tecnico di fiducia della proprietà.
I sistemi proposti possono essere inizialmente utilizzati dagli ingegneri nelle fasi di redazione ed ottenimento del CIS, per poi essere utilizzati per l’effettiva diagnosi delle prestazioni della struttura nel tempo, e in particolare per una diagnosi proattiva e predittiva, che suggerendo gli opportuni interventi di manutenzione sia anche capace di sviluppare importanti innovazioni nelle politiche assicurative della proprietà.
L'esperienza fatta nell'ultimo anno su una serie di importanti strutture autostradali, la maturità raggiunta dalla tecnologia, i costi allineati alla capacità di spesa dei condomini e la capacità di rapida crescita garantita dai partner industriali rendono il sistema SCS immediatamente fruibile su larga scala per mantenere sotto costante controllo in maniera semplice, efficace ed economica la sicurezza residua di un edificio.
Ne hanno parlato nelle sale strapiene dell’associazione dei proprietari immobiliari, alla presenza di esperti e rappresentanti delle categorie professionali.
Vasto il parterre di autorita', fra cui il presidente di Arac, l' Agenzia regionale Lombarda anti corruzione, Adriana Garammone, il sottosegretario alla presidenza della Regione Lombardia Gustavo Cioppa.
Presenti fra gli altri l'ing. Riccardo Pellegatta gia' presidente del Collegio degli ingegneri e degli architetti di Milano, l'ing. Donatella Guzzoni presidente di ATE Associazione dei tecnologi dell'edilizia.
Dopo il saluto introduttivo del Presidente di Assoedilizia Achille Colombo Clerici che ha inoltre concluso i lavori, sono intervenuti il Prof. Giuseppe Mancini, il Professore Ordinario di Tecnica delle Costruzioni presso la Facoltà di Ingegneria del Politecnico di Torino “Principi di monitoraggio e attività di standardizzazione in ambito Eurocodici”; l' Ing. Andrea Cuomo, Executive Vice President, STMicroelectronics NV “Dispositivi di nuova generazione per rendere tecnicamente ed economicamente vantaggioso il monitoraggio delle strutture edilizie su larga scala”; il Prof. Gian Michele Calvi, Professore Ordinario di Tecnica delle Costruzioni, IUSS di Pavia “Applicazione del monitoraggio di base per gli edifici in ambito sismico”; il Prof. Paolo Riva, Professore Ordinario di Tecnica delle Costruzioni, Università di Bergamo “Illustrazione del sistema per il monitoraggio diffuso di edifici per il controllo statico”; il Prof. Arch. Alberico Barbiano di Belgiojoso, Emerito Ordinario di progettazione architettonica presso il Politecnico di Milano “Il controllo e il monitoraggio dei sistemi edilizi e della qualità urbana”; l' Ing. Carlo Valtolina, già presidente del Collegio degli Ingegneri e degli Architetti di Milano “Osservazioni sul collaudo statico degli edifici”.
“Il monitoraggio strutturale del costruito è tema di attualità “in considerazione del panorama regionale e nazionale che privilegia la riqualificazione urbana, nell’ottica del contenimento del consumo di suolo ed in considerazione anche dei gravi eventi sismici che hanno colpito l’Italia” ha detto il sottosegretario alla presidenza di Regione Lombardia Gustavo Cioppa a margine del convegno.
Il convegno è stata anche l’occasione per affrontare questioni ad esso connesse. Quali, ad esempio, la proposta avanzata dal mondo assicurativo di istituzione di un’ assicurazione obbligatoria anticalamità; che suscita non poche perplessità in quanto intesa quale ulteriore tassa sull’immobile.
Ma è soprattutto l’aspetto prevenzione che ha suscitato interesse. Essendo il sistema in grado di seguire giorno per giorno lo “stato di salute” di un edificio, è possibile intervenire prima della comparsa della “malattia” – grave danno o addirittura crollo – con notevoli vantaggi economici, che diventano anche culturali qualora interessino monumenti ed edifici antichi e storici E, in tema di rigenerazione urbana, il sistema è in grado di offrire utili valutazioni sulla scelta di abbattere oppure ristrutturare, incidendo sulla qualità urbana della città.
Foto: Achille Colombo Clerici, Andrea Cuomo, Giuseppe Mancini
#ASSOEDILIZIA
A conclusione dell’incontro-dibattito con l’assessore Mauro Parolini svoltosi nella sede dell’AssociazioneACCORDO ASSOEDILIZIA-REGIONE LOMBARDIA PER MIGLIORARE L’EFFICACIA DELLA LEGGE SULLE LOCAZIONI TURISTICHECollaborazione stretta tra Assoedilizia e Regione Lombardia, assessorato allo Sviluppo Economico, per migliorare l’efficacia della legge sulle politiche regionali in materia di turismo e attrattività del territorio lombardo nella parte che riguarda le locazioni turistiche. Era l’obiettivo, raggiunto, dell’incontro-dibattito “Casa vacanze e locazioni turistiche” organizzato a Milano nella sede di Assoedilizia e svoltosi alla presenza di centinaia di proprietari immobiliari, associati e non, con la partecipazione
dell’assessore allo Sviluppo Economico Mauro Parolini di Regione Lombardia e con relatori particolarmente qualificati: Marilisa D’Amico, Ordinario di Diritto Costituzionale nell’Università Statale di Milano; Gianroberto Villa,
Ordinario di Diritto Privato e Preside della Facoltà di Giurisprudenza nell’Università Statale di Milano; Cesare Rosselli, Giunta Esecutiva di Assoedilizia.Nel saluto introduttivo il presidente Achille Colombo Clerici ha detto: “Siamo alla vigilia della Bit (la Borsa internazionale del turismo ) che vede affluire nella nostra città tutto il mondo degli operatori turistici nazionali e moltissimi stranieri.E' questo un evento di grande rilevanza sociale ed economica, emblematico del ruolo che la nostra città sta gradatamente assumendo collocandosi nel novero delle capitali mondiali del turismo.Un settore che in questo momento di incertezze politiche e di difficoltà economiche sta assumendo una valenza sempre più rilevante come fattore di progresso socio-economico (anche per la sua portata anticiclica), culturale e di pace e fratellanza.Secondo gli ultimi dati definitivi di fonte ufficiale che si riferiscono al 2015, gli arrivi hanno raggiunto in Lombardia quasi 16 milioni di unità, in crescita dell’11% rispetto all’anno precedente, e le presenze circa 38 milioni pari a un aumento del 10,4%. Il risultato del 2015 conferma un andamento decisamente più dinamico del turismo nella regione rispetto a
quello registrato a livello nazionale in cui, secondo i dati provvisori, gli arrivi sono aumentati del 2,7% e le presenze dell’1,9%.La valenza anticiclica e la capacita' di produrre crescita economica da parte del turismo devono essere la molla che determini una amplissima convergenza verso un comune obbiettivo, una collaborazione fra tutti gli attori sociali, culturali ed economici coinvolti, perché ci possa essere da parte del
settore turistico la più ampia risposta alle esigenze di progresso del Paese.
La Regione Lombardia, in tale quadro di fondo, consapevole dell'importanza di questo campo di azione, sta varando una serie di iniziative volte a rilanciare la vitalità e l' attrattività e la ricettività delle nostre città.
Auspichiamo dunque una piena alleanza tra proprietari immobiliari ed operatori turistici per lo sviluppo di questa fondamentale risorsa”. L’intervento di Parolini: “Regione Lombardia, per prima in Italia, ha affrontato a viso aperto questo tema, portandolo a galla. Abbiamo stabilito un quadro normativo che garantisce concorrenza leale e legalità attraverso regole chiare, cercando di fare luce su alcune aree grigie di un ambito
dell’accoglienza che sta conquistando fette di mercato sempre più importanti, spinto anche dal successo e dalle prerogative della sharing economy”.
“Le misure che abbiamo introdotto sono molto semplici – ha spiegato l’assessore – e riguardano la comunicazione di avvio attività, il rispetto di alcuni standard qualitativi essenziali, l’obbligo assicurativo (per i rischi derivanti dalla responsabilità civile verso i clienti, commisurata alla capacita’ ricettiva), il rispetto delle vigenti normative statali in materia
fiscale e di sicurezza, la comunicazione dei flussi turistici e l’adempimento della denuncia degli ospiti in base alle indicazioni dell’autorità di pubblica sicurezza”.
La normativa regionale prevede che per chiunque gestisca l’attività di casa o appartamenti per vacanze è obbligatoria la comunicazione al Comune e che la pubblicazione di inserzioni di avvisi e inserzioni on line implica l’applicazione di sanzioni in caso di inadempienza.
Un’azione, ha concluso l’assessore “orientata ad innalzare la qualità dell’accoglienza in Lombardia, che si traduce in un aumento positivo della reputazione, un elemento essenziale dell’esperienza turistica”: riconoscendo che anche la legge 27/2015, come tutte le leggi, abbisogna di un rodaggio sul
campo e dichiarando la propria totale disponibilità ad operare, in collaborazione con Assoedilizia, per migliorarla a beneficio di operatori e di utenti.D’Amico: “La legge pone alcune questioni sul piano del diritto costituzionale, anzitutto sul versante del riparto di competenze tra Stato e Regioni, così come delineato a norma dell’art. 117 della Costituzione; a cui si affiancano dubbi sull’impostazione avallata dal legislatore regionale nel proporre questa, ancorché parziale, equiparazione tra attività ricettiva promossa
tramite strutture alberghiere e strutture, viceversa, sprovviste dei caratteri della imprenditorialità e della stabilità, che finisce con il coinvolgere anche la tutela del diritto di proprietà di cui all’art. 2 della Costituzione”. Si tratta di un complesso di profili “che richiede di essere risolto in via interpretativa, ragionando sugli ambiti specifici e rispetto ai quali l’incontro- dibattito odierno si è posto quale momento di analisi”.
L’intervento del prof. Villa ha indagato i confini tra la potestà legislativa statale e quella regionale nella disciplina del contratto. Partendo dal quadro fornito dalla legge statale, che per le locazioni turistiche richiama le norme del codice civile, ha messo in evidenza che la legge della Regione
Lombardia n. 27/2015 lambisce in molti punti la disciplina del contratto,suscitando quindi interrogativi circa il rispetto dell’art. 117 della Costituzione, laddove esso riserva allo Stato la potestà legislativa in materia di “ordinamento civile”, e quindi in materia di contratto. La conclusione a cui è pervenuta la relazione è che la Regione abbia rispettato i limiti posti dall’art. 117 laddove ha disciplinato aspetti riguardanti l’azione degli enti pubblici e le relazioni tra i proprietari e gli enti;
laddove invece la legge ha fissato norme destinate ad essere assorbite nel contratto, determinando ad esempio livelli minimi di qualità e di prestazioni dovute dal locatore, si impone un’interpretazione che lasci alla libertà contrattuale dei contraenti la possibilità di pattuire standard qualitativi
diversi, pur nei limiti consentiti dal codice civile. Questa proposta interpretativa esclude che si possano ritenere legittime compressioni più gravi della libertà contrattuale, come avviene con la previsione, contenuta nella legge regionale, che obbliga i locatori a stipulare un’assicurazione per la responsabilità civile.E’ toccato quindi a Rosselli analizzare le ricadute concrete della legge per quanto riguarda gli obblighi degli home owners rispondendo anche ai numerosi quesiti posti dai proprietari. I quali, ricordiamo, hanno la possibilità di farli pervenire per lettera alla segreteria di Assoedilizia, via Meravigli 3,
20123 Milano oppure via mail all’indirizzo Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..
LIBRETTO FABBRICATO Assoedilizia «Va fatto dalla Pa»
Il presidente di Assoedilizia Achille Colombo Clericì, a seguito delle dichiarazioni del viceministro delle Infrastrutture Riccardo Nencini sulla necessità di una "carta di identità dell'edificio", ricorda che «Verificare e attestare lo stato degli edifici, anche ai fini della sicurezza legata alla staticità, è compito della Pubblica Amministrazione, non del privato. Perché possa essere di una qualche utilità ai fini della sicurezza. degli immobili e dei cittadini, la "carta d'identità" dev'essere redatta e rilasciata dalla Pubblica Amministrazione competente. Ma, ovviamente, non prima di aver verificato l'esatta rispondenza dello stato di fatto degli edifici stessi alle risultanze ufficiali».
La mozione della giunta comunale di Livorno, che prevede la requisizione degli alloggi non occupati per far fronte alle “emergenze abitative con motivazione di urgenza umanitaria” ha suscitato un vasto sconcerto; perché comprende, non solo gli alloggi pubblici, ma anche quelli privati. Si tratta di un salto indietro di oltre quarant’anni, ai tempi pre equo canone che riporta alla memoria quanto avvenne proprio a Milano nel 1975. Va comunque detto che l’analogo provvedimento (un'ordinanza del sindaco di allora, Aldo Aniasi) durò l’espace d’un matin e la mozione milanese venne ritirata per la sua patente illegittimità, la sua portata antieconomica e la dannosità sociale.
A prescindere dai ricorsi che si preannunciano a Livorno – basati su questioni di legittimita' o meno del provvedimento - va rilevata una importante conseguenza.
Da quando lo Stato non investe più nella costruzione di alloggi popolari, la risposta alla domanda abitativa viene lasciata agli investitori privati italiani e internazionali, i quali in tal modo assolvono già ad una funzione sociale; e non saranno certo invogliati a investire risorse economiche in un settore - quello degli alloggi da fornire in locazione - che, ai molti altri problemi congiunturali e strutturali, aggiunge la possibilità di sorprese di questi tipo.
Inoltre, la credibilità e l’affidabilità della nostra intera economia possono subire un duro colpo, anche se la causa è limitata a una città e a uno specifico comparto, quello immobiliare.
I problemi pubblici e sociali si risolvono producendo nuove risorse, non requisendo le risorse a chi le ha prodotte. La pubblica amministrazione deve impegnarsi ad aiutare chi opera a produrre una crescita economica, generatrice di maggiori risorse fiscali, impiegabili nel soddisfacimento dei vari bisogni; questo è il circolo virtuoso che permette alla società di sopravvivere e di risolvere i problemi nuovi che si presentano.
La distorsione concettuale, viceversa, che sottende il provvedimento della giunta di Livorno, può produrre un incalcolabile danno socio-economico all’intero Paese perché mina alla base quel circolo virtuoso
Questo è l’anno decisivo per la ripresa del Paese: o si registra una crescita del Pil almeno dell’1,5% oppure ci aspettano lacrime e sangue, a cominciare dall’innalzamento dell’iva.
Un forte contributo alla ripresa può venire dal settore immobiliare che produca il maggior volume di attività economica.
Ma esso stenta a uscire dalla crisi: mentre nel 2007 i permessi di costruzione sono stati 365.000, nel 2014 sono precipitati a 55.000, lo stesso numero di nuovi edifici del 1936. Remano contro la ripresa, il sistema creditizio prodigo con i mutui ma non con le piccole e medie imprese di costruzione, e la burocrazia che consente di costruire un edificio solo dopo 4 o 5 anni dalla presentazione del progetto.
In particolare si calcola che dei 350 miliardi di crediti in sofferenza delle banche, ben 100 siano del settore immobiliare; il che spiega – anche se non giustifica – la diffidenza degli istituti a concedere altro credito.
Poi ci sono gli sprechi. Solo per citare, lo Stato paga 900 milioni di affitto all’anno per le proprie sedi nonostante abbia migliaia di uffici vuoti.
Se ne è parlato in occasione del Re Italy Winter Forum a Milano organizzato da MonitorImmobiliare dove si sono ritrovati gli Stati Generali del Real Estate italiano per discutere delle sfide che attendono il settore. Problemi ma anche opportunità.
E’ emerso nel corso della giornata anche dai vari report che sono stati presentati. Ad esempio, l'Italia è l'unico Paese politicamente stabile nell'area del Mediterraneo e questo giustifica una view positiva su tutto il 2016. O ancora: Milano è già ripartita e anche se non è tra le città che guidano il mercato in Europa, è senz'altro tra le mete sotto i riflettori degli investitori.
Per il resto del Paese persiste un po' di ritardo, ma il sentiment è positivo.
Senza contare che già l’anno scorso si erano registrati numeri incoraggianti: il mercato immobiliare nel 2015 ha invertito il ciclo negativo degli ultimi anni e ha chiuso l’anno con una crescita del fatturato del 3,7%.
Anche al Sud qualcosa si muove: la messa in vendita di 11 fari dismessi per la trasformazione in residenze, hotel ed altro ha ottenuto ben 39 offerte.
Resta il fatto che, di fronte a un miglioramento nel numero delle compravendite, continua la limatura dei prezzi.
E se, mettiamo in rapporto l’immobiliare con altri settori produttivi, i risultati sono sconcertanti.
Nel 2015 l’automotive ha segnato più 20%, la casa, come si è detto, il 3,7%; mancano in Italia 300.000 alloggi (i 100.000 vuoti non si vendono perché non incontranti la domanda, anche per la scarsa qualita'); la ricchezza mobile di una parte degli italiani è aumentata.
E allora perché non c’è ripresa? Forse è l’intero sistema che va cambiato, dalla comunicazione del prodotto al servizio di assistenza, di rateazione, di assicurazione.
Un cambiamento troppo complesso per essere gestito solo da qualche componente del sistema.
Ecco allora la necessità di una vera politica immobiliare. Una risposta è stata l’istituzione dell’Osservatorio Parlamentare sul Mercato Immobiliare che ha quali obiettivi un percorso virtuoso di riscatto del settore, contribuendo a velocizzare i tempi, portando a sintesi le posizioni della politica - rappresentata da oltre cento parlamentari membri dell’Osservatorio stesso - e delle associazioni di categoria.
Ed è necessaria una forte defiscalizzazione, che consenta a medio-lungo termine di ritrovare, per chi investe nel mattone nel nostro Paese, quanto meno il mantenimento, sul piano non meramente teorico, del valore nel tempo, ed una più adeguata redditività.
Contribuire a risolvere situazioni difficili della città. E’ la filosofia che ispira l’Associazione Architetti per Milano (Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. - www.archxmi.org) che ha inviato, a firma del Presidente prof. Alberico B. Belgiojoso, già docente del Politecnico, una lettera a professionisti e imprenditori milanesi sul PGT Piano di Governo del Territorio (ex Piano Regolatore) e sul Regolamento Edilizio.
Critiche e suggerimenti che l’Associazione vorrebbe fossero considerati anche dai candidati Sindaco di Milano.
Non è la prima volta che l’Associazione si impegna in iniziative che possiamo definire di utilità sociale, agendo sugli Enti Pubblici. Ha per esempio affrontato negli anni scorsi questioni come lo spostamento del Palazzo di Giustizia, la formazione del Piano di Governo del Territorio, le pubblicità che coprono i ponti della Ferrovia sui Navigli e il degrado delle periferie, tra i più importanti trattati.
Oggi ha intrapreso, in rapporto con altre Istituzioni culturali milanesi e con la Consulta Interprofessionale, un lavoro di verifica e revisione delle problematiche poste dalla attuazione del Piano di Governo del Territorio e dalla entrata in vigore del nuovo Regolamento Edilizio.
È infatti emerso che questo insieme di norme presenta notevoli difficoltà di interpretazione e di uso per gli operatori, gli immobiliaristi, i costruttori, i professionisti.
Secondo l’Associazione, le contraddizioni e i problemi riscontrati si possono superare introducendo alcune formulazioni, atte a chiarire e a semplificare alcuni punti essenziali, tra i quali:
norme morfologiche: le prescrizioni per le nuove volumetrie in relazione alle situazioni circostanti, altezze, allineamenti, ecc.;
procedure chiare per i cambi d’uso in riferimento alle aree di intervento e agli indici relativi; i costi variano secondo le dimensioni delle aree e possono diventare antieconomici in certe condizioni; è una questione che si presenta, ad esempio, quando si tratti di adibire ad abitazioni - di cui a Milano c’è un gran bisogno - palazzi originariamente destinati ad uffici la cui offerta, invece, è nettamente superiore alla domanda;
miglioramenti nel funzionamento della macchina comunale, per semplificare sia il compito degli uffici, che le procedure per gli operatori e per i progetti.
Altra questione di notevole rilievo l’ERS (Edilizia Residenziale Sociale). Spicca l’ambiguità fra leggi nazionali, regionali, e norme comunali. Inoltre la questione di quando conviene conservare l’esistente, ristrutturandolo, e quando è invece più conveniente abbattere e ricostruire, con l’ulteriore vantaggio di adottare le moderne tecnologie di risparmio energetico.
Sempre su questo tema: la verifica dei bonus volumetrici. Se ad esempio un proprietario di casa decide di effettuare lavori di contenimento energetico (pannelli solari, coibentazioni e quant’altro) può ottenere in compenso un aumento di volume dell’unità immobiliare. Ma in alcuni casi ciò non è possibile, o è sconsigliabile; deve perdere il bonus? Perché allora non sostituire tale beneficio con sconti sugli oneri o sulle tasse comunali?
Altro tema da sempre a cuore dei milanesi la ricostruzione delle ultime case bombardate. Le ferite della guerra sul volto della città, come si è usi definirle, dovrebbero venire sanate in tutti i modi, consentendo, ad esempio, la stessa volumetria precedente, oggi modificata sia dalle nuove normative edilizie sia dai cambiamenti urbanistici subiti dall’area.
L’Associazione Architetti per Milano inoltre mette in discussione l’obbligo delle revisioni strutturali e delle indagini sugli operatori che potrebbero avere proprietà di edifici vuoti; propone la semplificazione del procedimento di bonifica, la limitazione ad un solo ente del confronto, l’introduzione di norme che incentivino l’uso di nuove tipologie edilizie, l’obbligo per il progettista a relazionare il suo progetto alla Commissione del Paesaggio esonerando i tecnici comunali da questo importante momento di confronto. Con risparmio di tempo per tutti.
L’avevamo anticipato lo scorso anno, l’Istat lo conferma: sta timidamente tornando l’antico sentiment degli italiani per la casa. Con molta prudenza. I dati parlano di uno 0,2% di aumento dei prezzi del residenziale, il primo dal 2011, di circa 470.000 compravendite rispetto alle 421.000 del 2014 (curiosità, riprendono gli acquisti anche da parte degli immigrati, più 38.000 unità) mentre la concessione di mutui è quasi raddoppiata. Le cause sono da ricercarsi sia nell’aumentata disponibilità di spesa degli italiani, sia nella perdita di appetibilità di altre forme di investimento: quello in prodotti finanziari, innanzitutto, che hanno confermato l’inaffidabilità, e quello nei titoli di Stato per i rendimenti praticamente nulli. Mentre i prezzi delle case hanno raggiunto il minimo e, pertanto, dovrebbero soltanto risalire. Per quanto riguarda gli altri settori dell’immobiliare (uffici, negozi, alberghi industrie) le previsioni si orientano verso la stabilità o una moderata crescita, eccezion fatta per gli immobili ad uso industriale, per i quali prevale la convinzione che la crisi non sia ancora terminata.
Si tratta ovviamente di riferimenti medi nazionali. Utile però l’indicazione proveniente da Milano che rappresenta l’11% del mercato italiano e anticipa sempre le tendenze del Paese. Si indicano miglioramenti dell' interesse alle opportunità del 22% per quanto riguarda il centro, del 52% per il semicentro, del 44% per la periferia.
Che non si tratti di un fenomeno passeggero è sostenuto da una ricerca dell’Università di Parma le cui rilevazioni mostrano un trend in ascesa nella fiducia degli operatori che, a fine 2015, dovrebbe aver raggiunto o superato, secondo le stime, il 70%. Il minimo della fiducia nel mercato immobiliare è stato registrato nel 2011, quando solo il 24% dei risparmiatori era disposto ad investire nell’immobile (nel 2006 era il 70%).
E’ quanto mai opportuna, per sostenere la ripresina, una più organica e decisa politica per l’immobiliare. Ad integrazione delle tanto pubblicizzate abolizioni di Imu e Tasi per la prima casa, si dovrebbe adottare, per esempio, una maggiore equità nella distribuzione del carico fiscale tra proprietari di prima casa e proprietari di alloggi in locazione; favorire la mobilità della proprietà immobiliare; alleviare i carichi che gravano sui proprietari di negozi ed uffici in locazione, introducendo la cedolare secca, come richiesto peraltro da Confcommercio.
TERRENI, SE LI VENDI CON LO SCONTO ARRIVA LA MULTA (M.Sorbi)
Paradosso Agenzia delle Entrate. I Terreni, se li vendi con lo sconto arriva la multa
Chi pratica cifre troppo basse viene «accusato» di aver evaso le tasse. di Maria Sorbi
Mettiamo che negli anni Settanta hai acquistato un terreno edificabile per pochi soldi. E te lo sei tenuto stretto per i tempi duri, sicuro di aver fatto l'investimento della vita. Mettiamo che l'hai pagato un milione di lire e che adesso vale attorno ai 100mila euro. Certo, ora con la crisi lo vendi a. meno, diciamo 70mila euro, ma ci guadagni comunque un bel gruzzoletto. Le cose però non sono così semplici.
Quello «sconto crisi» di 30mila euro può arrivare a levarti il sonno. E negli incubi comparirà sempre un solo protagonista: l'Agenzia delle Entrate.
Anche se hai fatto tutto onestamente, chiedendo perizie e facendoti affiancare nelle pratiche da commercialisti e notai, stai pur certo che al 99% nell'arco dei due mesi successivi alla vendita ti arriverà «la sorpresa» in busta chiusa. Oggetto: rettifica del valore del terreno. In sostanza, ti viene detto che hai venduto a un prezzo troppo basso. E tra le righe sembra quasi che il Fisco ti accusi di esserti fatto pagare una parte in nero. Hai solo fatto uno sconto e ora devi pagare un'imposta di registro maggiore, oltre a sanzioni e interessi legali. Il tutto in una specie di forfait che ti viene pure. fatto passare come una sanatoria conveniente.
La notifica è a carico tuo quando chi acquista il terreno non paga l'imposta di accertamento, che solitamente non viene mai corrisposta. E può arrivarti anche se avevi già adeguato il terreno ai parametri attuali del mercato, pagando una quota pari al 4% del suo valore.Il 70% delle vendite dei terreni dove il venditore è un privato finisce con la lettera dell'Agenzia delle entrate.
E si innesca il meccanismo di: vendita, rettifica del prezzo, multa. Accade così: i tecnici dell'Agenzia delle entrate studiano i dati delle compravendite degli ultimi tre anni, controllano a quanto sono stati venduti i terreni attorno al tuo, fanno una media e zac, ti contestano la cifra a cui hai venduto tu.
Fanno la media quando va bene denunciano gli immobiliarsiti
Capita anche che mettano a confronto terreni vicini ma tra loro molto diversi (per dimensioni, capacità edificatoria, domanda di mercato). E ovviamente adeguano il prezzo al valore più alto.
Il problema è che il mercato va in una direzione e il Fisco in un'altra.
I listini su cui ci si basa per determinare i valori di aree e immobili restano sempre qualche passo indietro alle regole reali di mercato.
Questo significa che ogni vendita nasce «sballata» a priori. «C'è una sfasatura sempre più evidente tra mercato e la base su cui vengono effettuati gli accertamenti catastali denuncia Achille Colombo Clerici, presidente di Assoedilizia.
Il fisco non diminuisce
mai il valore dei terreni, nemmeno in periodo di crisi. Tende sempre e solo ad alzarsi. Siamo di fronte a un fisco borbonico, impostato su una presunzione di evasione».
LA POLEMICA
Gli immobiliaristi accusano il Fisco: «Metodi borbonici che non sono al passo con il mercato reale»
Martedì alle ore 18 in villa Necchi Campiglio, via Mozart 14, Milano, viene presentato il volume "Mino Fiocchi disegni di architettura. Residenze unifamiliari tra lago e montagna" (Cattaneo Editore) a cura dalle docenti del Politecnico di Milano-Polo territoriale di Lecco Adele Carla Buratti e Ornella Selvafolta. Introduce Lucia Borromeo, Ufficio valorizzazione FAI; intervengono Fulvio Irace, Politecnico di Milano (Mino Fiocchi, architetto del Novecento) e le curatrici Buratti e Selvafolta (Abitare in villa nel Novecento. Le case di Fiocchi: disegni, architetture, paesaggi). La ricostruzione dell’iter creativo e procedurale dell’architetto è stata resa possibile anche grazie alla preziosa disponibilità delle famiglie proprietarie delle ville.
In campagna, tra i laghi o sulle pendici alpine, le ville hanno costellato il percorso professionale dell’architetto Mino Fiocchi e hanno costituito il filo conduttore della sua personale poetica nel solco del Novecento milanese. Per la prima volta il volume ne ripercorre l’opera grazie allo studio diretto dei disegni conservati nel suo archivio, evidenziando come dal costante impegno nel progetto della residenza unifamiliare siano nate abitazioni di grande qualità e in esemplare equilibrio tra valori architettonici e valori paesaggistici.
Giacomo Fiocchi detto Mino, nato a Lecco nel 1893 in una famiglia di imprenditori, ha studiato architettura al Politecnico di Milano dove, con G. De Finetti, E. Lancia, G. Muzio, G. Ponti, costituì il gruppo Novecento milanese sotto la guida di G. Moretti, importante esponente di quella cultura eclettica milanese da cui prese le mosse il liberty, ponendosi come alternativa al razionalismo dei più giovani quali F. Albini, I. Gardella, G. Terragni, e il gruppo B.B.P.R. (G.L. Banfi, L. Belgioioso, E. Peressutti ed E.N. Rogers). Fiocchi sviluppò uno stile personale di semplificazione formale degli elementi classici dell'architettura; lavorò tutta la vita seguendo un processo di studio e di reimpiego di forme tratte soprattutto dall'architettura palladiana e da quella neoclassica lombarda. Mantenendosi sulle proprie scelte con rigorosa coerenza, disegnò tutta la sua opera con lo stesso preciso tratto a matita; non ebbe mai collaboratori e i suoi progetti raramente subirono l'influenza dei movimenti artistici, con cui aveva peraltro frequenti contatti.
Scomparso nel 1983, lavorò dal 1921 al 1975 progettando e costruendo moltissime abitazioni. Il tema delle tipologie residenziali, dalla casa popolare alla villa, dal palazzo urbano al rifugio di montagna, fu argomento di ricerca di tutta la sua vita, a parte poche eccezioni. In Milano si ricordano in particolare le importanti case e ville per le famiglie Falck, Campanini e Monzino.
Questione energetica e questione ambientale vanno di pari passo, anzi sono intimamente connesse poiche' si tratta, non solo di un problema di produzione, ma anche di consumo di energia.
Con l'opzione antinucleare (referendum del 1987 – indetto sotto l' ondata emotiva dell’incidente di Chernobyl dell’anno precedente) l' Italia ha fatto una scelta miope: ha rinunziato di fatto all'uso preferenziale dell'energia elettrica, ed ha optato per gli idrocarburi.
La differenza non e' da poco: la prima inquina solo nel luogo di produzione, cioe' in aperta campagna, dove lo smaltimento e' piu' agevole e dove in ogni caso v'e' minore concentrazione di abitanti; gli altri inquinano nel luogo del consumo, cioe' all'interno delle citta', dove alimentano milioni e milioni di fornelli a metano ( non producono PM10, ma inquinano anch'essi ), milioni di autoveicoli di ogni tipo, milioni di caldaie per il riscaldamento, centinaia di migliaia di impianti industriali.
Le centrali elettriche termonucleari avrebbero permesso di ovviare a buona parte di questo fabbisogno energetico.
Si pensi che per fronteggiare l'incremento del fabbisogno energetico da qui al 2020 in Europa si dovrebbero costruire 36 centrali nucleari: mentre se ne stanno costruendo solo 3.
E in Italia, dove il nucleare e' stato abbandonato, cosa avverra' ?
In tale situazione non v'e' dunque da meravigliarsi se da decenni stiamo arrancando dietro ad una Europa che sul piano della lotta all'inquinamento ha ben altro passo che il nostro.
La nostra politica ecologica, in questo campo, si e' ridotta ad una serie di misure empiriche improntate al metodo dell'antica medicina ex juvantibus: vediamo che effetto fanno.
Ma la logica e' piu' o meno orientata al criterio "tutti a piedi o tutti al freddo".
Nel frattempo, da una quindicina d'anni a questa parte, si e' sviluppata la green economy che, in questi tempi di crisi, ha assunto una valenza economica sempre piu' anticiclica.
Il suo fondamento sta nella Direttiva del 23 gennaio 2008 con la quale la Commissione Europea fissava gli obiettivi di ridurre le emissioni di gas ad effetto serra del 20%, i consumi energetici del 20%, nonche' di soddisfare il 20% del fabbisogno energetico con le energie rinnovabili, entro il 2020; obiettivi aggiornati con impegni successivi, ultimo dei quali quello assunto, nel dicembre scorso a Parigi, nella Conferenza mondiale Onu sul clima.
Ed il settore edilizio e' tra i piu' coinvolti in questa manovra, con il target del 27 % e del 30 % di risparmio energetico rispettivamente nel settore residenziale ed in quello industriale.
Per ottemperare ai parametri europei fissati anche ai fini del rispetto delle soglie di attenzione dell'inquinamento atmosferico, i proprietari si sono visti imporre o 'suggerire', da leggi nazionali o da normative locali talvolta travalicanti lo stesso portato delle prescrizioni comunitarie, una serie di interventi che alla resa dei conti, come abbiamo constatato in questi giorni, si sono dimostrati dei palliativi.
Hanno realizzato, in oltre un decennio, rottamazioni di caldaie ancora efficienti, trasformazioni degli impianti da gasolio a metano, rifacimenti degli infissi, installazioni di contacalorie e di valvole di termoregolazione, certificati energetici, cappotti termici per gli immobili.
L'efficientamento degli edifici esistenti e' una bella parola, ma comporta ingenti spese per i proprietari immobiliari.
E l'impressione e' che ci sia una grossa sproporzione fra i costi individuali ed i benefici pubblici, visto che siamo ancora al punto di partenza, anche in quelle citta' nelle quali tutte queste misure sono state da tempo applicate.