Per la prima volta – anche se “sul campo” è attivo da cinque anni - è stato presentato al pubblico nella sede Assoedilizia di Milano un nuovo sistema di monitoraggio tecnologico in tempo reale dello stato di “salute” delle strutture di un edificio come di qualsiasi costruzione, dal viadotto alla galleria.
Il sistema è stato messo a punto da Safe Certified Structure (SCS), una società di ingegneria che si avvale del contributo di alcuni ingegneri strutturisti italiani di chiara fama a livello internazionale con il supporto di AXA, IBM e STMicroelectronics, colosso franco-italiano con sede a Ginevra (Svizzera), per la produzione di componenti elettronici.
Tale sistema si rivela nettamente più efficiente, economico e meno invasivo degli attuali sistemi di monitoraggio che prevedono prove di carico, analisi dinamiche ed altre prove in situ, completate ed integrate da analisi numeriche caratterizzate da diversi livelli di complessità e dalla valutazione esperta di un tecnico abilitato. Tali attività risultano generalmente propedeutiche al rilascio del CIS (Certificato di Idoneità Statica) previsto dal Regolamento Edilizio del Comune di Milano, nei confronti del quale Assoedilizia ha presentato ricorso al TAR.
I sistemi di monitoraggio (Structural Health Monitoring o SHM) proposti da SCS sono costituiti da una rete di sensori di alta qualità (accelerometri, inclinometri, sensori di pressione, fessurimetri) per monitorare i parametri strutturali critici. SHM è connesso al cloud per l'acquisizione, la elaborazione e la conservazione dei dati, che vengono confrontati in tempo reale con i risultati attesi dal modello matematico della struttura, per rilevare grazie all'utilizzo di algoritmi avanzati qualsiasi debolezza nella qualità della costruzione.
Controllare costantemente il profilo di rischio della struttura monitorata consente l'allocazione più efficiente delle risorse per la manutenzione e riparazione, generando importanti risparmi nella gestione della proprietà. Inoltre, per garantire un elevato standard di sicurezza, chiamate di emergenza sono automaticamente attivate quando vengono raggiunte le soglie di allarme predeterminate dal tecnico di fiducia della proprietà.
I sistemi proposti possono essere inizialmente utilizzati dagli ingegneri nelle fasi di redazione ed ottenimento del CIS, per poi essere utilizzati per l’effettiva diagnosi delle prestazioni della struttura nel tempo, e in particolare per una diagnosi proattiva e predittiva, che suggerendo gli opportuni interventi di manutenzione sia anche capace di sviluppare importanti innovazioni nelle politiche assicurative della proprietà.
L'esperienza fatta nell'ultimo anno su una serie di importanti strutture autostradali, la maturità raggiunta dalla tecnologia, i costi allineati alla capacità di spesa dei condomini e la capacità di rapida crescita garantita dai partner industriali rendono il sistema SCS immediatamente fruibile su larga scala per mantenere sotto costante controllo in maniera semplice, efficace ed economica la sicurezza residua di un edificio.
Ne hanno parlato nelle sale strapiene dell’associazione dei proprietari immobiliari, alla presenza di esperti e rappresentanti delle categorie professionali.
Vasto il parterre di autorita', fra cui il presidente di Arac, l' Agenzia regionale Lombarda anti corruzione, Adriana Garammone, il sottosegretario alla presidenza della Regione Lombardia Gustavo Cioppa.
Presenti fra gli altri l'ing. Riccardo Pellegatta gia' presidente del Collegio degli ingegneri e degli architetti di Milano, l'ing. Donatella Guzzoni presidente di ATE Associazione dei tecnologi dell'edilizia.
Dopo il saluto introduttivo del Presidente di Assoedilizia Achille Colombo Clerici che ha inoltre concluso i lavori, sono intervenuti il Prof. Giuseppe Mancini, il Professore Ordinario di Tecnica delle Costruzioni presso la Facoltà di Ingegneria del Politecnico di Torino “Principi di monitoraggio e attività di standardizzazione in ambito Eurocodici”; l' Ing. Andrea Cuomo, Executive Vice President, STMicroelectronics NV “Dispositivi di nuova generazione per rendere tecnicamente ed economicamente vantaggioso il monitoraggio delle strutture edilizie su larga scala”; il Prof. Gian Michele Calvi, Professore Ordinario di Tecnica delle Costruzioni, IUSS di Pavia “Applicazione del monitoraggio di base per gli edifici in ambito sismico”; il Prof. Paolo Riva, Professore Ordinario di Tecnica delle Costruzioni, Università di Bergamo “Illustrazione del sistema per il monitoraggio diffuso di edifici per il controllo statico”; il Prof. Arch. Alberico Barbiano di Belgiojoso, Emerito Ordinario di progettazione architettonica presso il Politecnico di Milano “Il controllo e il monitoraggio dei sistemi edilizi e della qualità urbana”; l' Ing. Carlo Valtolina, già presidente del Collegio degli Ingegneri e degli Architetti di Milano “Osservazioni sul collaudo statico degli edifici”.
“Il monitoraggio strutturale del costruito è tema di attualità “in considerazione del panorama regionale e nazionale che privilegia la riqualificazione urbana, nell’ottica del contenimento del consumo di suolo ed in considerazione anche dei gravi eventi sismici che hanno colpito l’Italia” ha detto il sottosegretario alla presidenza di Regione Lombardia Gustavo Cioppa a margine del convegno.
Il convegno è stata anche l’occasione per affrontare questioni ad esso connesse. Quali, ad esempio, la proposta avanzata dal mondo assicurativo di istituzione di un’ assicurazione obbligatoria anticalamità; che suscita non poche perplessità in quanto intesa quale ulteriore tassa sull’immobile.
Ma è soprattutto l’aspetto prevenzione che ha suscitato interesse. Essendo il sistema in grado di seguire giorno per giorno lo “stato di salute” di un edificio, è possibile intervenire prima della comparsa della “malattia” – grave danno o addirittura crollo – con notevoli vantaggi economici, che diventano anche culturali qualora interessino monumenti ed edifici antichi e storici E, in tema di rigenerazione urbana, il sistema è in grado di offrire utili valutazioni sulla scelta di abbattere oppure ristrutturare, incidendo sulla qualità urbana della città.
Foto: Achille Colombo Clerici, Andrea Cuomo, Giuseppe Mancini
#ASSOEDILIZIA
A conclusione dell’incontro-dibattito con l’assessore Mauro Parolini svoltosi nella sede dell’AssociazioneACCORDO ASSOEDILIZIA-REGIONE LOMBARDIA PER MIGLIORARE L’EFFICACIA DELLA LEGGE SULLE LOCAZIONI TURISTICHECollaborazione stretta tra Assoedilizia e Regione Lombardia, assessorato allo Sviluppo Economico, per migliorare l’efficacia della legge sulle politiche regionali in materia di turismo e attrattività del territorio lombardo nella parte che riguarda le locazioni turistiche. Era l’obiettivo, raggiunto, dell’incontro-dibattito “Casa vacanze e locazioni turistiche” organizzato a Milano nella sede di Assoedilizia e svoltosi alla presenza di centinaia di proprietari immobiliari, associati e non, con la partecipazione
dell’assessore allo Sviluppo Economico Mauro Parolini di Regione Lombardia e con relatori particolarmente qualificati: Marilisa D’Amico, Ordinario di Diritto Costituzionale nell’Università Statale di Milano; Gianroberto Villa,
Ordinario di Diritto Privato e Preside della Facoltà di Giurisprudenza nell’Università Statale di Milano; Cesare Rosselli, Giunta Esecutiva di Assoedilizia.Nel saluto introduttivo il presidente Achille Colombo Clerici ha detto: “Siamo alla vigilia della Bit (la Borsa internazionale del turismo ) che vede affluire nella nostra città tutto il mondo degli operatori turistici nazionali e moltissimi stranieri.E' questo un evento di grande rilevanza sociale ed economica, emblematico del ruolo che la nostra città sta gradatamente assumendo collocandosi nel novero delle capitali mondiali del turismo.Un settore che in questo momento di incertezze politiche e di difficoltà economiche sta assumendo una valenza sempre più rilevante come fattore di progresso socio-economico (anche per la sua portata anticiclica), culturale e di pace e fratellanza.Secondo gli ultimi dati definitivi di fonte ufficiale che si riferiscono al 2015, gli arrivi hanno raggiunto in Lombardia quasi 16 milioni di unità, in crescita dell’11% rispetto all’anno precedente, e le presenze circa 38 milioni pari a un aumento del 10,4%. Il risultato del 2015 conferma un andamento decisamente più dinamico del turismo nella regione rispetto a
quello registrato a livello nazionale in cui, secondo i dati provvisori, gli arrivi sono aumentati del 2,7% e le presenze dell’1,9%.La valenza anticiclica e la capacita' di produrre crescita economica da parte del turismo devono essere la molla che determini una amplissima convergenza verso un comune obbiettivo, una collaborazione fra tutti gli attori sociali, culturali ed economici coinvolti, perché ci possa essere da parte del
settore turistico la più ampia risposta alle esigenze di progresso del Paese.
La Regione Lombardia, in tale quadro di fondo, consapevole dell'importanza di questo campo di azione, sta varando una serie di iniziative volte a rilanciare la vitalità e l' attrattività e la ricettività delle nostre città.
Auspichiamo dunque una piena alleanza tra proprietari immobiliari ed operatori turistici per lo sviluppo di questa fondamentale risorsa”. L’intervento di Parolini: “Regione Lombardia, per prima in Italia, ha affrontato a viso aperto questo tema, portandolo a galla. Abbiamo stabilito un quadro normativo che garantisce concorrenza leale e legalità attraverso regole chiare, cercando di fare luce su alcune aree grigie di un ambito
dell’accoglienza che sta conquistando fette di mercato sempre più importanti, spinto anche dal successo e dalle prerogative della sharing economy”.
“Le misure che abbiamo introdotto sono molto semplici – ha spiegato l’assessore – e riguardano la comunicazione di avvio attività, il rispetto di alcuni standard qualitativi essenziali, l’obbligo assicurativo (per i rischi derivanti dalla responsabilità civile verso i clienti, commisurata alla capacita’ ricettiva), il rispetto delle vigenti normative statali in materia
fiscale e di sicurezza, la comunicazione dei flussi turistici e l’adempimento della denuncia degli ospiti in base alle indicazioni dell’autorità di pubblica sicurezza”.
La normativa regionale prevede che per chiunque gestisca l’attività di casa o appartamenti per vacanze è obbligatoria la comunicazione al Comune e che la pubblicazione di inserzioni di avvisi e inserzioni on line implica l’applicazione di sanzioni in caso di inadempienza.
Un’azione, ha concluso l’assessore “orientata ad innalzare la qualità dell’accoglienza in Lombardia, che si traduce in un aumento positivo della reputazione, un elemento essenziale dell’esperienza turistica”: riconoscendo che anche la legge 27/2015, come tutte le leggi, abbisogna di un rodaggio sul
campo e dichiarando la propria totale disponibilità ad operare, in collaborazione con Assoedilizia, per migliorarla a beneficio di operatori e di utenti.D’Amico: “La legge pone alcune questioni sul piano del diritto costituzionale, anzitutto sul versante del riparto di competenze tra Stato e Regioni, così come delineato a norma dell’art. 117 della Costituzione; a cui si affiancano dubbi sull’impostazione avallata dal legislatore regionale nel proporre questa, ancorché parziale, equiparazione tra attività ricettiva promossa
tramite strutture alberghiere e strutture, viceversa, sprovviste dei caratteri della imprenditorialità e della stabilità, che finisce con il coinvolgere anche la tutela del diritto di proprietà di cui all’art. 2 della Costituzione”. Si tratta di un complesso di profili “che richiede di essere risolto in via interpretativa, ragionando sugli ambiti specifici e rispetto ai quali l’incontro- dibattito odierno si è posto quale momento di analisi”.
L’intervento del prof. Villa ha indagato i confini tra la potestà legislativa statale e quella regionale nella disciplina del contratto. Partendo dal quadro fornito dalla legge statale, che per le locazioni turistiche richiama le norme del codice civile, ha messo in evidenza che la legge della Regione
Lombardia n. 27/2015 lambisce in molti punti la disciplina del contratto,suscitando quindi interrogativi circa il rispetto dell’art. 117 della Costituzione, laddove esso riserva allo Stato la potestà legislativa in materia di “ordinamento civile”, e quindi in materia di contratto. La conclusione a cui è pervenuta la relazione è che la Regione abbia rispettato i limiti posti dall’art. 117 laddove ha disciplinato aspetti riguardanti l’azione degli enti pubblici e le relazioni tra i proprietari e gli enti;
laddove invece la legge ha fissato norme destinate ad essere assorbite nel contratto, determinando ad esempio livelli minimi di qualità e di prestazioni dovute dal locatore, si impone un’interpretazione che lasci alla libertà contrattuale dei contraenti la possibilità di pattuire standard qualitativi
diversi, pur nei limiti consentiti dal codice civile. Questa proposta interpretativa esclude che si possano ritenere legittime compressioni più gravi della libertà contrattuale, come avviene con la previsione, contenuta nella legge regionale, che obbliga i locatori a stipulare un’assicurazione per la responsabilità civile.E’ toccato quindi a Rosselli analizzare le ricadute concrete della legge per quanto riguarda gli obblighi degli home owners rispondendo anche ai numerosi quesiti posti dai proprietari. I quali, ricordiamo, hanno la possibilità di farli pervenire per lettera alla segreteria di Assoedilizia, via Meravigli 3,
20123 Milano oppure via mail all’indirizzo Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..
LIBRETTO FABBRICATO Assoedilizia «Va fatto dalla Pa»
Il presidente di Assoedilizia Achille Colombo Clericì, a seguito delle dichiarazioni del viceministro delle Infrastrutture Riccardo Nencini sulla necessità di una "carta di identità dell'edificio", ricorda che «Verificare e attestare lo stato degli edifici, anche ai fini della sicurezza legata alla staticità, è compito della Pubblica Amministrazione, non del privato. Perché possa essere di una qualche utilità ai fini della sicurezza. degli immobili e dei cittadini, la "carta d'identità" dev'essere redatta e rilasciata dalla Pubblica Amministrazione competente. Ma, ovviamente, non prima di aver verificato l'esatta rispondenza dello stato di fatto degli edifici stessi alle risultanze ufficiali».
La mozione della giunta comunale di Livorno, che prevede la requisizione degli alloggi non occupati per far fronte alle “emergenze abitative con motivazione di urgenza umanitaria” ha suscitato un vasto sconcerto; perché comprende, non solo gli alloggi pubblici, ma anche quelli privati. Si tratta di un salto indietro di oltre quarant’anni, ai tempi pre equo canone che riporta alla memoria quanto avvenne proprio a Milano nel 1975. Va comunque detto che l’analogo provvedimento (un'ordinanza del sindaco di allora, Aldo Aniasi) durò l’espace d’un matin e la mozione milanese venne ritirata per la sua patente illegittimità, la sua portata antieconomica e la dannosità sociale.
A prescindere dai ricorsi che si preannunciano a Livorno – basati su questioni di legittimita' o meno del provvedimento - va rilevata una importante conseguenza.
Da quando lo Stato non investe più nella costruzione di alloggi popolari, la risposta alla domanda abitativa viene lasciata agli investitori privati italiani e internazionali, i quali in tal modo assolvono già ad una funzione sociale; e non saranno certo invogliati a investire risorse economiche in un settore - quello degli alloggi da fornire in locazione - che, ai molti altri problemi congiunturali e strutturali, aggiunge la possibilità di sorprese di questi tipo.
Inoltre, la credibilità e l’affidabilità della nostra intera economia possono subire un duro colpo, anche se la causa è limitata a una città e a uno specifico comparto, quello immobiliare.
I problemi pubblici e sociali si risolvono producendo nuove risorse, non requisendo le risorse a chi le ha prodotte. La pubblica amministrazione deve impegnarsi ad aiutare chi opera a produrre una crescita economica, generatrice di maggiori risorse fiscali, impiegabili nel soddisfacimento dei vari bisogni; questo è il circolo virtuoso che permette alla società di sopravvivere e di risolvere i problemi nuovi che si presentano.
La distorsione concettuale, viceversa, che sottende il provvedimento della giunta di Livorno, può produrre un incalcolabile danno socio-economico all’intero Paese perché mina alla base quel circolo virtuoso
Stimolo per il mercato dell'affitto commi 53 e 54 dell'articolo 1 della legge di stabilità 2016 (n. 208/ '15) hanno introdotto una riduzione Imu e Tasi per gli immobili locati attraverso i contratti concordati».
Lo ha precisato ieri Assoedilizia-Confedilizia a margine della diffusione dei dati relativi agli effetti sui singoli contribuenti della riduzione citata. Insomma, uno stimolo sembra per il mercato dell'affitto, soprattutto nelle gradi aree urbanizzate.
Su Milano per esempio il valore di risparmio medio rispetto al 2015 è pari a 450 euro.
Le proiezioni di Assoedilizia sui risparmi possibili per i proprietari che affittano sono stati calcolati su immobili-tipo situati nei capoluoghi di Provincia della Lombardia.
Sono interessate a questo sgravio tre tipologie di contratti di locazione:
i contratti agevolati, della durata di 3 anni più 2 di rinnovo, i contratti per studenti universitari, di durata da 6 mesi a 3 anni, i contratti transitori, di durata da 1 a 18 mesi, se stipulati nei Comuni nei quali il canone deve essere stabilito dalle parti applicando gli Accordi
territoriali (aree metropolitane di Roma, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Napoli, Torino, Bari, Palermo, Catania;
Comuni confinanti con tali aree; altri Comuni capoluogo di provincia).
«Si tratta ha dichiarato il presidente di Assoedilizia Achille Colombo Clerici di una misura che rappresenta quell'inversione di tendenza nella tassazione degli immobili locali che Assoedilizia-Confedilizia chiedeva da tempo.
La consideriamo insieme con le altre misure di riduzione delle imposte sulla casa previste dalla Legge di stabilità un punto di partenza per un cammino, che dovrà proseguire, di graduale ma continua correzione degli errori da anni compiuti in tema di tassazione degli immobili, anche se un ulteriore sforzo dovrebbe riguardare la fiscalità degli immobili non abitativi introducendo, anche per questi ultimi, la cedolare secca».
Colombo Clerici: «È un punto di partenza per un cammino. Un ulteriore sforzo dovrebbe riguardare la fiscalità degli immobili non abitativi»
TERRENI, SE LI VENDI CON LO SCONTO ARRIVA LA MULTA (M.Sorbi)
Paradosso Agenzia delle Entrate. I Terreni, se li vendi con lo sconto arriva la multa
Chi pratica cifre troppo basse viene «accusato» di aver evaso le tasse. di Maria Sorbi
Mettiamo che negli anni Settanta hai acquistato un terreno edificabile per pochi soldi. E te lo sei tenuto stretto per i tempi duri, sicuro di aver fatto l'investimento della vita. Mettiamo che l'hai pagato un milione di lire e che adesso vale attorno ai 100mila euro. Certo, ora con la crisi lo vendi a. meno, diciamo 70mila euro, ma ci guadagni comunque un bel gruzzoletto. Le cose però non sono così semplici.
Quello «sconto crisi» di 30mila euro può arrivare a levarti il sonno. E negli incubi comparirà sempre un solo protagonista: l'Agenzia delle Entrate.
Anche se hai fatto tutto onestamente, chiedendo perizie e facendoti affiancare nelle pratiche da commercialisti e notai, stai pur certo che al 99% nell'arco dei due mesi successivi alla vendita ti arriverà «la sorpresa» in busta chiusa. Oggetto: rettifica del valore del terreno. In sostanza, ti viene detto che hai venduto a un prezzo troppo basso. E tra le righe sembra quasi che il Fisco ti accusi di esserti fatto pagare una parte in nero. Hai solo fatto uno sconto e ora devi pagare un'imposta di registro maggiore, oltre a sanzioni e interessi legali. Il tutto in una specie di forfait che ti viene pure. fatto passare come una sanatoria conveniente.
La notifica è a carico tuo quando chi acquista il terreno non paga l'imposta di accertamento, che solitamente non viene mai corrisposta. E può arrivarti anche se avevi già adeguato il terreno ai parametri attuali del mercato, pagando una quota pari al 4% del suo valore.Il 70% delle vendite dei terreni dove il venditore è un privato finisce con la lettera dell'Agenzia delle entrate.
E si innesca il meccanismo di: vendita, rettifica del prezzo, multa. Accade così: i tecnici dell'Agenzia delle entrate studiano i dati delle compravendite degli ultimi tre anni, controllano a quanto sono stati venduti i terreni attorno al tuo, fanno una media e zac, ti contestano la cifra a cui hai venduto tu.
Fanno la media quando va bene denunciano gli immobiliarsiti
Capita anche che mettano a confronto terreni vicini ma tra loro molto diversi (per dimensioni, capacità edificatoria, domanda di mercato). E ovviamente adeguano il prezzo al valore più alto.
Il problema è che il mercato va in una direzione e il Fisco in un'altra.
I listini su cui ci si basa per determinare i valori di aree e immobili restano sempre qualche passo indietro alle regole reali di mercato.
Questo significa che ogni vendita nasce «sballata» a priori. «C'è una sfasatura sempre più evidente tra mercato e la base su cui vengono effettuati gli accertamenti catastali denuncia Achille Colombo Clerici, presidente di Assoedilizia.
Il fisco non diminuisce
mai il valore dei terreni, nemmeno in periodo di crisi. Tende sempre e solo ad alzarsi. Siamo di fronte a un fisco borbonico, impostato su una presunzione di evasione».
LA POLEMICA
Gli immobiliaristi accusano il Fisco: «Metodi borbonici che non sono al passo con il mercato reale»
Martedì alle ore 18 in villa Necchi Campiglio, via Mozart 14, Milano, viene presentato il volume "Mino Fiocchi disegni di architettura. Residenze unifamiliari tra lago e montagna" (Cattaneo Editore) a cura dalle docenti del Politecnico di Milano-Polo territoriale di Lecco Adele Carla Buratti e Ornella Selvafolta. Introduce Lucia Borromeo, Ufficio valorizzazione FAI; intervengono Fulvio Irace, Politecnico di Milano (Mino Fiocchi, architetto del Novecento) e le curatrici Buratti e Selvafolta (Abitare in villa nel Novecento. Le case di Fiocchi: disegni, architetture, paesaggi). La ricostruzione dell’iter creativo e procedurale dell’architetto è stata resa possibile anche grazie alla preziosa disponibilità delle famiglie proprietarie delle ville.
In campagna, tra i laghi o sulle pendici alpine, le ville hanno costellato il percorso professionale dell’architetto Mino Fiocchi e hanno costituito il filo conduttore della sua personale poetica nel solco del Novecento milanese. Per la prima volta il volume ne ripercorre l’opera grazie allo studio diretto dei disegni conservati nel suo archivio, evidenziando come dal costante impegno nel progetto della residenza unifamiliare siano nate abitazioni di grande qualità e in esemplare equilibrio tra valori architettonici e valori paesaggistici.
Giacomo Fiocchi detto Mino, nato a Lecco nel 1893 in una famiglia di imprenditori, ha studiato architettura al Politecnico di Milano dove, con G. De Finetti, E. Lancia, G. Muzio, G. Ponti, costituì il gruppo Novecento milanese sotto la guida di G. Moretti, importante esponente di quella cultura eclettica milanese da cui prese le mosse il liberty, ponendosi come alternativa al razionalismo dei più giovani quali F. Albini, I. Gardella, G. Terragni, e il gruppo B.B.P.R. (G.L. Banfi, L. Belgioioso, E. Peressutti ed E.N. Rogers). Fiocchi sviluppò uno stile personale di semplificazione formale degli elementi classici dell'architettura; lavorò tutta la vita seguendo un processo di studio e di reimpiego di forme tratte soprattutto dall'architettura palladiana e da quella neoclassica lombarda. Mantenendosi sulle proprie scelte con rigorosa coerenza, disegnò tutta la sua opera con lo stesso preciso tratto a matita; non ebbe mai collaboratori e i suoi progetti raramente subirono l'influenza dei movimenti artistici, con cui aveva peraltro frequenti contatti.
Scomparso nel 1983, lavorò dal 1921 al 1975 progettando e costruendo moltissime abitazioni. Il tema delle tipologie residenziali, dalla casa popolare alla villa, dal palazzo urbano al rifugio di montagna, fu argomento di ricerca di tutta la sua vita, a parte poche eccezioni. In Milano si ricordano in particolare le importanti case e ville per le famiglie Falck, Campanini e Monzino.
Questione energetica e questione ambientale vanno di pari passo, anzi sono intimamente connesse poiche' si tratta, non solo di un problema di produzione, ma anche di consumo di energia.
Con l'opzione antinucleare (referendum del 1987 – indetto sotto l' ondata emotiva dell’incidente di Chernobyl dell’anno precedente) l' Italia ha fatto una scelta miope: ha rinunziato di fatto all'uso preferenziale dell'energia elettrica, ed ha optato per gli idrocarburi.
La differenza non e' da poco: la prima inquina solo nel luogo di produzione, cioe' in aperta campagna, dove lo smaltimento e' piu' agevole e dove in ogni caso v'e' minore concentrazione di abitanti; gli altri inquinano nel luogo del consumo, cioe' all'interno delle citta', dove alimentano milioni e milioni di fornelli a metano ( non producono PM10, ma inquinano anch'essi ), milioni di autoveicoli di ogni tipo, milioni di caldaie per il riscaldamento, centinaia di migliaia di impianti industriali.
Le centrali elettriche termonucleari avrebbero permesso di ovviare a buona parte di questo fabbisogno energetico.
Si pensi che per fronteggiare l'incremento del fabbisogno energetico da qui al 2020 in Europa si dovrebbero costruire 36 centrali nucleari: mentre se ne stanno costruendo solo 3.
E in Italia, dove il nucleare e' stato abbandonato, cosa avverra' ?
In tale situazione non v'e' dunque da meravigliarsi se da decenni stiamo arrancando dietro ad una Europa che sul piano della lotta all'inquinamento ha ben altro passo che il nostro.
La nostra politica ecologica, in questo campo, si e' ridotta ad una serie di misure empiriche improntate al metodo dell'antica medicina ex juvantibus: vediamo che effetto fanno.
Ma la logica e' piu' o meno orientata al criterio "tutti a piedi o tutti al freddo".
Nel frattempo, da una quindicina d'anni a questa parte, si e' sviluppata la green economy che, in questi tempi di crisi, ha assunto una valenza economica sempre piu' anticiclica.
Il suo fondamento sta nella Direttiva del 23 gennaio 2008 con la quale la Commissione Europea fissava gli obiettivi di ridurre le emissioni di gas ad effetto serra del 20%, i consumi energetici del 20%, nonche' di soddisfare il 20% del fabbisogno energetico con le energie rinnovabili, entro il 2020; obiettivi aggiornati con impegni successivi, ultimo dei quali quello assunto, nel dicembre scorso a Parigi, nella Conferenza mondiale Onu sul clima.
Ed il settore edilizio e' tra i piu' coinvolti in questa manovra, con il target del 27 % e del 30 % di risparmio energetico rispettivamente nel settore residenziale ed in quello industriale.
Per ottemperare ai parametri europei fissati anche ai fini del rispetto delle soglie di attenzione dell'inquinamento atmosferico, i proprietari si sono visti imporre o 'suggerire', da leggi nazionali o da normative locali talvolta travalicanti lo stesso portato delle prescrizioni comunitarie, una serie di interventi che alla resa dei conti, come abbiamo constatato in questi giorni, si sono dimostrati dei palliativi.
Hanno realizzato, in oltre un decennio, rottamazioni di caldaie ancora efficienti, trasformazioni degli impianti da gasolio a metano, rifacimenti degli infissi, installazioni di contacalorie e di valvole di termoregolazione, certificati energetici, cappotti termici per gli immobili.
L'efficientamento degli edifici esistenti e' una bella parola, ma comporta ingenti spese per i proprietari immobiliari.
E l'impressione e' che ci sia una grossa sproporzione fra i costi individuali ed i benefici pubblici, visto che siamo ancora al punto di partenza, anche in quelle citta' nelle quali tutte queste misure sono state da tempo applicate.
Caldaie sporche: quasi 2.400 multe, una su quattro ancora fuorilegge, il teleriscaldamento cresce del 10%. Per gli oppositori dei blocchi al traffico veicolare, il riscaldamento di case e uffici è il principale imputato per l'allarme inquinamento. E l'indicazione che arriva da tutti è: bisogna potenziare il teleriscaldamento.
Questo è anche uno dei principali obiettivi del «Paes», il Piano di azione per l'energia sostenibile e il clima di Palazzo Marino, il cui lungo iter di adozione è ancora in corso.
Il traguardo del documento è il 2020. Per quella data il Comune punta ad abbattere le emissioni di anidride carbonica di almeno il 20 per cento.
L'area di intervento principale è proprio quella degli edifici.
Le parole d'ordine: efficientamento, riqualificazione energetica ed estensione della rete di teleriscaldamento.
In particolare quest'ultima dovrà raggiungere fra cinque anni 150 mila appartamenti.
Il risultato per l'ambiente sarebbe rappresentato da una riduzione delle emissioni di anidride carbonica pari a 139mila tonnellate rispetto ai valori del 2005, anno preso come riferimento.
Ma a che punto siamo? Ad oggi, stagione termica 2015-2016, secondo i dati dell'amministrazione comunale, il servizio di teleriscaldamento è cresciuto del 10 per cento rispetto a un anno fa. Sono allacciati alla rete di A2A oltre 100mila «appartamenti equivalenti» (pari a circa 80 metri quadri), venti edifici comunali (da Palazzo di Giustizia alla Biblioteca Sormani) a cui a breve si aggiungeranno la sede centrale della polizia locale, Palazzo Reale, gli uffici di via Dogana, il Duomo e la Veneranda Fabbrica. Numeri che si traducono in circa 51mila tonnellate di anidride carbonica evitate,
ovvero il 43 per cento dell'obiettivo finale del Piano. Non solo. Se si passa ad esaminare i dati del 2014 si vede come l'implementazione del teleriscaldamento abbia consentito un abbattimento generale degli inquinanti, evitando l'immissione nell'aria di 4,3
tonnellate di polveri sottili, di 84 mila tonnellate di CO2, di 108,8 tonnellate dí ossidi di azoto, di 39,5 tonnellate di anizdride solforosa, oltre a un minor
consumo di 29 mila tep,ovvero tonnellate equivalenti di petrolio.
Altro fronte di intervento è l'attività di ispezione ad impianti e centrali termiche. Nel 2014 il Comune ha effettuato in media l'8 per cento di controlli.
Pari al 13 per cento in più di quanto previsto dalla legge. regionale. Un risultato che vede Milano come «unica città o provincia lombarda a superare il 5 per cento», sottolineano da Palazzo Marino. L'esito dei controlli sono 2.338 ordinanze per non conformità di impianti e centrali termiche tra ottobre 2014 e ottobre 2015. In pratica: un impianto su quattro risulta fuori norma. La maggior parte delle irregolarità è legata a questioni di sicurezza.
Per Achille Colombo Clerici, presidente di Assoedilizia, che rappresenta i proprietari immobiliari, la «colpevolizzazione» degli impianti di riscaldamento privati «è frutto di un giudizio sommario e unilaterale e rappresenta una "via di comodo" per la pubblica amministrazione».
E ricorda: «Da anni i proprietari immobiliari milanesi sono impegnati ad ottemperare a norme di leggi regionali e ad ordinanze comunali, e ora si sentono dire che il maggior responsabile dell'inquinamento atmosferico continua ad essere il riscaldamento degli edifici».
«C'è da fare molto ancora e di diverso afferma prima di colpevolizzare gli impianti condominiali: questi la loro parte l'hanno già fatta, ora si realizzi il resto. Il principale responsabile dell'inquinamento da Pm10 è altrove. Non nell'uso degli impianti privati condominiali di riscaldamento, ma nella circolazione di veicoli inquinanti pubblici e privati, nel sollevamento delle polveri sottili in strade che non vengono lavate, negli impianti
obsoleti pubblici».
150 le migliaia di alloggi che tra cinque anni dovrebbero entrare nella rete per essere teleriscaldati 100 le migliaia di alloggi «equivalenti» che sono oggi teleriscaldati, in crescita sul 2014.
Provvedimento: Il Comune ha invitato i negozi ad abbassare il riscaldamento e a non usare dispositivi che tengano le porte aperte.
Inquinamento atmosferico. Achille Colombo Clerici, presidente di Assoedilizia che rappresenta i proprietari immobiliari dichiara:
« Da anni ed anni i proprietari immobiliari milanesi sono impegnati ad ottemperare a norme di leggi regionali e ad ordinanze comunali che hanno via via imposto:
- il cambio dei buciatori delle caldaie pur perfettamente funzionanti, ma non rispondenti a parametri di efficienza fissati in modo apodittico con formule tecniche indecifrabili da parte del cittadino;
- lavori edilizi di adattamento dei locali caldaie conseguenti alle opere tecniche eseguite.
- l'installazione delle valvole di termoregolazione del riscaldamento, nonche' di contabilizzazione del calore.
- la riduzione della temperatura a 19 gradi e dell'arco di riscaldamento giornaliera a 12 ore ( misure straordinarie anti inquinamento )
Ora, si sentono dire che il maggior responsabile dell' inquinamento atmosferico continua ad essere il riscaldamento degli edifici, compresi quelli condominiali e corrono il rischio di dover ulteriormente abbassare la temperatura degli ambienti domestici 'colpevolizzati' e di stare piu' al freddo.
Riteniamo che questa posizione, risulti frutto di un giudizio sommario e unilaterale e rappresenti una 'via di comodo' per la pubblica amministrazione. C'e' da fare molto ancora e di diverso, prima di colpevolizzare gli impianti condominiali: questi la loro parte l'hanno gia' fatta, ora si realizzi il resto. »
Possiamo ritenere che nelle aree metropolitane italiane, e Milano è tra queste, il principale responsabile dell’inquinamento da Pm10, sia altrove, non nell'uso degli impianti privati condominiali di riscaldamento: ma nella circolazione di veicoli inquinanti pubblici e privati, nel sollevamento delle polveri sottili in strade che non vengono lavate, negli impianti obsoleti pubblici .
Una buona parte dell’inquinamento prodotto dal traffico su gomma è dovuto ad auto diesel di vecchio tipo, prive di filtro antiparticolato, la cui circolazione andrebbe vietata; e al fatto che le particelle prodotte dall’ usura dei freni e delle gomme si depositano sull’asfalto e vengono riportate nell’aria ad ogni passaggio di veicolo. Perciò, in assenza di pioggia, le strade andrebbero lavate.
Certo, il riscaldamento civile ha la sua parte di responsabilità nella produzione di smog: ma quasi la metà di questo è dovuta al riscaldamento a legna (camini, stufe, forni) che non sono certo utilizzati dai condomini.
I proprietari di casa nei condomini, hanno fatto sforzi economici considerevoli per ridurre l’inquinamento dell’aria. Non la stessa cosa si può dire per molti edifici pubblici che utilizzano ancora oggi impianti di riscaldamento vetusti, addirittura caldaie ad olio combustibile. E, mentre la gran parte delle famiglie ha obbedito all’ordinanza antismog del Comune che impone una temperatura massima di 19° e la riduzione a 12 ore del riscaldamento, in parecchi uffici, anche pubblici, si toccano i 23-24°.