Art.174.Obblighi del datore di lavoro
1. Il datore di lavoro, all'atto della valutazione del rischio di cui all'articolo 28, analizza i posti di lavoro con particolare riguardo:
a) ai rischi per la vista e per gli occhi;
b) ai problemi legati alla postura ed all'affaticamento fisico o mentale;
c) alle condizioni ergonomiche e di igiene ambientale.
2. Il datore di lavoro adotta le misure appropriate per ovviare ai rischi riscontrati in base alle valutazioni di cui al comma 1, tenendo conto della somma ovvero della combinazione della incidenza dei rischi riscontrati.
3. Il datore di lavoro organizza e predispone i posti di lavoro di cui all'articolo 173, in conformità ai requisiti minimi di cui all'allegato XXXIV.
Art.173.Definizioni
1. Ai fini del presente decreto legislativo si intende per:
a) videoterminale: uno schermo alfanumerico o grafico a prescindere dal tipo di procedimento di visualizzazione utilizzato;
b) posto di lavoro: l'insieme che comprende le attrezzature munite di videoterminale, eventualmente con tastiera ovvero altro sistema di immissione dati, incluso il mouse, il software per l'interfaccia uomo-macchina, gli accessori opzionali, le apparecchiature connesse, comprendenti l'unità a dischi, il telefono, il modem, la stampante, il supporto per i documenti, la sedia, il piano di lavoro, nonché l'ambiente di lavoro immediatamente circostante;
c) lavoratore: il lavoratore che utilizza un'attrezzatura munita di videoterminali, in modo sistematico o abituale, per venti ore settimanali, dedotte le interruzioni di cui all'articolo 175.
Art.172.Campo di applicazione
1.Le norme del presente titolo si applicano alle attività lavorative che comportano l'uso di attrezzature munite di videoterminali.
2. Le norme del presente titolo non si applicano ai lavoratori addetti:
a) ai posti di guida di veicoli o macchine;
b) ai sistemi informatici montati a bordo di un mezzo di trasporto;
c) ai sistemi informatici destinati in modo prioritario all'utilizzazione da parte del pubblico;
d) alle macchine calcolatrici, ai registratori di cassa e a tutte le attrezzature munite di un piccolo dispositivo di visualizzazione dei dati o delle misure, necessario all'uso diretto di tale attrezzatura;
e) alle macchine di videoscrittura senza schermo separato
(Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza n. 2236/16; depositata il 4 febbraio) Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 21 ottobre 2015 – 4 febbraio 2016, n. 2236 Presidente Piccialli – Relatore D’Ascola Svolgimento del processo 1) La causa è iniziata il 22 giugno 1987 e concerne il diritto all'uso dei parcheggi ai sensi dell'art. 18 Legge 765/1967.
Il tribunale di Siracusa l'11 dicembre 1995 ha respinto la domanda di Ba.Gi. (successivamente deceduto nelle more del giudizio) e R.V. volta ad ottenere la "restituzione a parcheggio condominiale" di aree che erano state alienate a terzi in contrasto con le "previsioni progettuali". Accogliendo parzialmente l'appello dagli attori, la Corte d'appello di Catania ha accertato il diritto reale d'uso per parcheggio di autovetture in capo a R.V. sull'area di mq 74,88 da staccarsi dalla maggior superficie del piano cantinato del fabbricato di via (omissis) , di proprietà del convenuto F.S. . Ha assegnato detta area in uso alla R. ; ha posto a carico di Ba.Gi. , originario acquirente dal costruttore F. di un appartamento dello stabile, poi rivenduto alla R. , il corrispettivo spettante al F. . La Corte d'appello con la sentenza 30 gennaio 2010 ha ribadito l'esistenza di un vincolo pubblico di destinazione soggettivo in favore degli utilizzatori dello stabile; ha escluso la rilevanza dello ius superveniens di cui alla legge 246/2005; ha rigettato l'eccezione di usucapione decennale ex art. 1159 c.c.. Ha ritenuto che il costruttore avesse violato la proporzione tra volumetria e ara riservata a parcheggio, perché aveva considerato solo la volumetria degli appartamenti venduti a terzi e non anche quella di tutto l'edificio. Ha ricalcolato con l'ausilio di nuova ctu la volumetria, escludendo i vani al piano attico, frutto di successiva edificazione abusiva condonata; il 50% dei muri di separazione con il corpo scala. Ha determinato l'area da vincolare in 883,146 mq e ha riscontrato in mq 808 circa quella vincolata, escludendo l'area di circa 42 mq rappresentata da ostacoli fissi (muro di confine, gabbia cancello, gradini interno cortile). 1.1) F.S. ha proposto ricorso per cassazione, notificato il 16/18 marzo 2011, spiegando otto motivi. R.V. ha resistito con controricorso costituendosi unitamente agli eredi di Ba.Gi. . Hanno svolto contestualmente due motivi di ricorso incidentale condizionato. Detto atto è stato prudentemente notificato anche a C.C. , F.R. , S. e M. , "quali eredi di F.S. recentemente deceduto". C. e F.R. , assistiti dal medesimo difensore si sono costituiti con separati controricorsi, di identico tenore sostanziale, avverso il ricorso incidentale. La Ciancio ha dichiarato di essere erede dell'originario convenuto per testamento olografo prodotto in atti; R. ha negato di essere erede, ma si è proclamato interessato alla causa quale successivo acquirente degli immobili per cui è causa e ha prodotto un atto di provenienza di un immobile. Anche la difesa di F.S. , impersonata dagli stessi difensori dei due soggetti sopraindicati, ha depositato controricorso, in epigrafe del quale si da atto che il ricorrente è deceduto il (omissis) . Nei gradi di merito erano costituiti in giudizio anche gli acquirenti unità immobiliari dello stabile, L.G. , Co.Vi. e Co.Fr. , qui rimasti intimati, benché nei loro confronti sia indirizzato il ricorso, difesi dall'avv. Rapisarda. A quest'ultimo il ricorso risulta notificato quale difensore di altri due intimati che erano parte dei giudizi di merito, Ca.Sa. e c.s. . Si deve ritenere che la notifica del ricorso a un difensore di più parti nel medesimo giudizio sia comunque idonea a instaurare validamente il contraddittorio, pur se indirizzata a uno solo dei contraddittori (SU 29290/08). In ogni caso la posizione dei suddetti acquirenti, ai quali è stato notificato anche il controricorso R. , appare priva di interesse, giacché la sentenza di appello ha pronunciato solo contro il F. e non anche contro i Ca. - c. , avverso i quali (unitamente al F. ) era stata rivolta la domanda sub d) (sentenza pag. 13). Sono state depositate memorie dai resistenti R. - eredi B. e dalla comune difesa del deceduto ricorrente F.S. e della C. . Motivi della decisione 2) Con i primi due motivi di ricorso viene denunciata violazione e falsa applicazione degli artt. 18 L. 765/67 (ed L. ponte), 26 L 47/85 e art. 818 cc e dell'art. 12 della legge 246/05. Parte ricorrente realisticamente ammette che la Corte di appello ha applicato un orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui dal vincolo di destinazione degli spazi a parcheggio sorge un automatico diritto reale d'uso in capo all'acquirente delle unità immobiliari interne all'edificio, restando nulla ogni clausola contraria. In forza di tali principi (riassunti da Cass. 23845/13; v. poi esemplificativamente 4733/15) il vincolo di destinazione è inderogabile, ma opera, in favore della indifferenziata comunità dei condomini, tanto che, come è noto, se per l'attuazione di esso e1 necessario identificare la superficie da assoggettare all'uso normativamente previsto, secondo le misure ("non inferiore ad un metro quadrato per ogni metro cubo di costruzione") dalla stessa norma stabilite, il condominio, in assenza di relativa previsione o nell'atto concessorio, o nel regolamento condominiale, o negli atti d acquisto dei singoli appartamenti, deve chiedere al giudice tale identificazione, e pertanto non può', ex se, con delibera, costituire il vincolo pubblicistico di destinazione predetta, scegliendo l’ubicazione degli appositi spazi su più1 ampia area del costruttore - venditore (Cass. 7474/1997). Peraltro, qualora ad attivarsi non sia il condominio o un gruppo di condomini, anche un singolo condomino può farlo. 2.1) Parte ricorrente, dopo un'ampia ricostruzione, chiede alla Corte di Cassazione (cfr pag. 23 in principio) il mutamento dell'orientamento consolidatosi e attacca la sentenza sulla base di due preminenti considerazioni: a) la circostanza che dal regime creato in giurisprudenza, che può portare alla proprietà comune dell'area (v Cass. 730/08, ma non è questo il caso), potrebbe derivare un utilizzo, da parte dei condomini, in violazione della norma imperativa, perché essi potrebbero decidere di vendere o dare in locazione a terzi i posti auto; ovvero un paradossale non utilizzo, qualora essi, privi di autovetture lasciassero liberi gli spazi. b) il contrasto tra il principio della destinazione ad area di parcheggio indifferenziata e la parte della sentenza in cui "accerta il diritto d'uso della sig. R. , sull'area di parcheggio di 74,88 mq individuata quale integrazione di quella già destinata allo scopo rispetto ai parametri normativi. 2.2) La Corte reputa che non vi siano ragioni per discostarsi dall'orientamento giurisprudenziale dominante e osserva che gli inconvenienti ipotizzati in ricorso non siano plausibile chiave per modificare l'interpretazione da tempo data alla materia. 10/02/2016 Pagina 1 di 3 Il legislatore ha inteso attribuire alla comunità condominiale la disponibilità di una superficie a parcheggio stabilita sulla base di una principio di rilevazione della realtà sociale che non è certo smentito dall'evoluzione di questi decenni di applicazione della Legge Ponte, giacché corrisponde a comune esperienza che quel rapporto volumi/superficie conduce semmai a insoddisfacente risposta alle esigenze condominiali. Queste ultime inoltre sono quanto mai mutevoli dal punto di vista soggettivo, cosicché non si può far dipendere da circostanze casuali il senso del dictum legislativo. Va escluso inoltre che la sentenza impugnata si sia posta in contrasto con i principi generali cui si è fatto riferimento. Ancorché sia vero che al punto 3) del dispositivo si dica che viene "assegnata in uso" a R.V. l'area per parcheggio vetture di 74,88 mq da staccarsi dalla maggior proprietà del piano cantinato di F.S. , tale disposizione va letta unitamente alla motivazione e avendo riguardo alla domanda iniziale e al senso complessivo dei termini usati. Ora, se si considera: che l'attrice chiese (sentenza pag. 5) la "restituzione a parcheggio condominiale delle aree descritte" e quindi non un attribuzione in proprietà o in uso personale; che la motivazione della sentenza di appello ha chiaramente parlato di area da restituire alla "sua destinazione di parcheggio condominiale, con vincolo reale"; che essa ha stabilito la facoltà del convenuto di scegliere la porzione di mq 74,88 che avrà la funzione di assicurare l'effettività della destinazione “a uso di parcheggio”; che la giurisprudenza di questa Corte (Cass. 1214/12) ha già avuto modo di riconoscere che ove l'azione per il riconoscimento del diritto reale d'uso sia stata proposta da uno solo dei condomini, il giudice di merito può addirittura individuare un preciso spazio fisico per la sosta dei veicoli di proprietà del condomino istante, senza che di tale decisione possa dolersi il costruttore del complesso immobiliare; che tutto il giudizio è stato istruito non in vista esclusiva della realizzazione del diritto del singolo, ma del rispetto della complessiva proporzione tra volume edificato e area destinata, se ne desume che la sentenza di appello abbia solo inteso riconoscere il diritto condominiale e pronunciato in dispositivo in favore della istante, solo quale parte che ha agito per far valere un diritto proprio ma che vanta quale condomina, il cui accertamento ridonda a beneficio di tutto il condominio; grazie al richiamo contenuto in sentenza il diritto riconosciuto può inoltre essere fatto valere anche esecutivamente dalla stessa parte attrice direttamente. Non vi è quindi alcuna contraddizione tra quanto accertato sulla base della normativa vigente (che regola diritti sorti all'epoca) e quanto stabilito in dispositivo. 3) Il secondo motivo, come si è accennato, sollecita una rivisitazione della interpretazione consolidata, nella parte in cui non adopera l'art. 12 della L. 246/05, che ha liberalizzato (secondo parte istante in modo "assoluto") la commerciabilità degli spazi di parcheggio. Orbene, è vero che la disposizione di cui all'art.12, nono comma, della legge n. 246 del 2005 ha modificato l'art. 41 sexies della legge n. 1150 del 1942 inserendo un secondo comma all'art. 41 sexies e stabilendo che gli spazi per parcheggio possono essere trasferiti in modo autonomo rispetto alle altre unità immobiliari. Tuttavia rimane insuperabile la lettura datane da Cass. 4264/06, a mente della quale la nuova norma trova applicazione soltanto per il futuro, vale a dire per le sole costruzioni non realizzate o per quelle per le quali, al momento della sua entrata in vigore, non erano ancora state stipulate le vendite delle singole - unità immobiliari. “L'efficacia retroattiva della norma va infatti esclusa, in quanto, da un lato, non ha natura interpretativa, per mancanza del presupposto necessario a tal fine, costituito dalla incertezza applicativa della disciplina anteriore, e , dall'altro, perché le leggi che modificano il modo di acquisto dei diritti reali o il contenuto degli stessi non incidono sulle situazioni maturate prima della loro entrata in vigore”. Nonostante siano trascorsi circa dieci anni da tale lettura, il legislatore non è intervenuto per modificarla, restando cosi rafforzate le rationes decidendi. 4) Il terzo motivo lamenta violazione e falsa applicazione artt. 978 e 979 c.c. e art. 1026 cc. La censura contesta la ricostruzione giurisprudenziale del diritto reale d'uso sulle aree di parcheggio e chiede che esso sia legato alla vita dell'usufruttuario, restando altrimenti privo di durata e tale da espropriare il proprietario costruttore, la proprietà del quale sarebbe compromessa, in violazione della disciplina costituzionale. La censura non merita soverchia considerazione, sol che si consideri che il riconoscimento al condomino del diritto reale d'uso costituisce reazione dell'ordinamento a una scelta, in parte illegittima, del proprietario costruttore. Questi avrebbe dovuto alienare l'area di parcheggio insieme alle unità abitative: avendo voluto riservarsi la proprietà si è volontariamente esposto alla limitazione posta a suo carico dalla legge urbanistica, che, nella specie, è stato necessario imporgli per via giudiziaria. 5) Il quarto motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 18 L. 765/67, art. 26 L. 47/85 e art. 818 c.c. - errata determinazione del calcolo dello spazio di parcheggio ex art. 18 Parte ricorrente sostiene che la sentenza erroneamente non ha conteggiato i 32 mq di garage venduti ai signori Ca. - c. e i 49 mq di altro garage rimasto al ricorrente e poi trasferito a. terzi unitamente agli uffici. Si duole del fatto che la sentenza abbia ritenuto necessario che gli spazi di parcheggio siano vincolati all'uso diretto e indifferenziato degli occupanti l'edificio. Afferma che in tal modo si nega la possibilità di trasferire con i singoli atti i posti auto agli acquirenti degli appartamenti, eventualità da ritenere legittima, con possibilità di libera rivendita. Il quinto motivo (violazione e falsa applicazione art. 18 L. 765/67, art. 26 L 47/85 e art. 818 cc e vizi di motivazione) verte sullo stesso punto attaccato nel precedente e torna a lamentare la contraddizione che sarebbe insita nell'avere affermato l'uso indifferenziato sulle aree a parcheggio e nell'avere poi assegnato alla R. i 74,88 mq mancanti (profilo b). In ogni caso vi sarebbe contraddizione tra detta assegnazione individuale e il non avere considerato i metri quadrati di area che il proprietario aveva assegnato a sé e ai Ca. c. . Le due doglianze sono destituite di fondamento , in considerazione di quanto già spiegato sub 2.2). Invano parte ricorrente fa leva sulla fraseologia usata nel dispositivo della sentenza. Essa non ha trasferito la titolarità della proprietà alla R. personalmente, come ha invece fatto il F. nel vendere a terzi le due aree che vorrebbe conteggiare; ha solo riconosciuto l'estendersi del diritto indifferenziato dei condomini sull'area che era stata esclusa e ha (con la imprecisa formula "assegna in uso") riconosciuto all'attrice il potere di far valere su detta area (che peraltro secondo la Corte d'appello potrà essere scelta dal convenuto ricorrente) la destinazione a parcheggio condominiale che era stata chiesta e che è stata chiaramente sancita in motivazione. È implicito nella giurisprudenza confermata, e invano criticata, che il costruttore non può far conteggiare nell'area vincolata i parcheggi che costruisce e aliena liberamente, senza riguardo al vincolo. Tale regime di libera vendita è compatibile con le costruzioni post 1967, ma solo quanto alle aree di parcheggio eccedenti il limite delle aree da sottoporre al vincolo legale, le quali per essere riconosciute devono essere identificabili dai singoli atti di vendita. Per la superficie vincolata ex lege 765/67 il proprietario, che voglia riservarsi la proprietà o cederla a terzi (v. Cass. 11261/03), deve comunque salvaguardare con tali atti che sia rispettata la destinazione di legge, che riserva stabilmente (come sottolinea la sentenza, pag. 31) i relativi spazi all'uso delle persone che stabilmente abitano le singole unità immobiliari del fabbricato, limite che nel ricorso il F. non dichiara e documenta di aver posto, nei sensi di cui si è prima discusso, ai terzi da lui aventi causa. La violazione del vincolo è implicita nella sua scelta di dividere l'area vincolata più vasta da queste piccole aree riservate e nel suo intendimento di considerare queste aree liberamente rivendibili dagli acquirenti. 6) Il sesto motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 18 L. 765/67 e dell'art. 9 circolare LLPP n. 3210/1967 nonché vizi di motivazione. Viene qui riproposta la questione relativa al calcolo della superficie da destinare a parcheggio e quindi della correlata cubatura al netto o al lordo dei muri perimetrali dell'edificio. Parte ricorrente reputa, citando la circolare ministeriale, che la cubatura debba essere computata detraendo i muri perimetrali esterni. La censura è infondata. Il testo normativo, che prevale sulle letture che possono aver fornito datate circolari, anteriori alla vita dell'istituto e alla sua elaborazione nel mondo giuridico, depone nel senso voluto dalla sentenza impugnata. 10/02/2016 Pagina 2 di 3 La legge urbanistica (art. 41 sexies Legge 1150/42) conteneva all'epoca la previsione in base alla quale "nelle nuove costruzioni ed anche nelle aree di pertinenza delle costruzioni stesse, debbono essere riservati appositi spazi per parcheggi in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni venti (successivamente ex art. 2 l. n. 122 del 1989: dieci) metri cubi di costruzione". La nozione di costruzione, che è diversa da quella di volume o volumetria, suscettibile di margini di opinabilità, implica indefettibilmente il riferimento anche ai muri esterni, giacché non può concepirsi costruzione senza i muri perimetrali che la delimitano. La doglianza va quindi respinta. 6.1) Il motivo presenta un altro profilo, concernente la mancata considerazione, nella superficie a suo tempo effettivamente vincolata, degli spazi (un'area di 33,22 mq, ricorso pag. 39) “occupati da muro di confine, marciapiede e gabbi a cancello e gradini interno cortile”, manufatti considerati dalla Corte di appello quali "ostacoli fissi". Secondo il ricorrente trattasi invece di spazi funzionali al parcheggio e come tali da conteggiare. La questione è posta anche nel settimo motivo, in cui si deduce che questi ostacoli fissi erano descritti in progetto ed erano ormai goduti dai condomini. Anche questa doglianza merita il rigetto. Con apprezzamento di merito incensurabile in sede di legittimità, la Corte di appello ha ritenuto che i manufatti non fossero da includere nel computo del parcheggio e che l'area da essi occupata fosse "superficie effettivamente non disponibile". Invano il ricorso invoca il diverso parere del consulente sulla loro funzionalità e la inclusione dei manufatti nel progetto approvato: la descrizione dei manufatti conforta l'opinione della Corte, facendola apparire congrua e logica, dunque, si ripete, non sindacabile dal giudice di legittimità. 7) L'ottavo motivo, che lamenta ultrapetizione, con riguardo all'accertamento del diritto sui 78 mq in favore della R. e la loro assegnazione alla stessa, ha già trovato risposta in quanto argomentato sub 2.2) e sub 5) ; ivi si è escluso che la Corte d'appello abbia voluto attribuire alla attrice più di quanto avesse chiesto. 8) Discende da quanto esposto il rigetto del ricorso principale. Resta assorbito il ricorso incidentale condizionato, cui si rivolgevano le difese svolte nei tre controricorsi F. e C. al ricorso incidentale, difese comunque in suffragio del ricorso principale. Parte ricorrente va condanna alla refusione delle spese di lite in favore dei soli contraddittori resistenti (R. -P. -B. ), liquidate in dispositivo in relazione al valore della controversia. Non è dovuta liquidazione in favore degli altri soggetti intervenuti in causa, cioè C.C. (qualificatasi erede universale testamentaria del ricorrente) e F.R. . A quest'ultimo è stato notificato il controricorso con ricorso incidentale quale supposto erede del ricorrente, ma ha negato tale qualità e si è dichiarato interessato al ricorso principale, al quale ha aderito, condividendo quindi la posizione del ricorrente soccombente, così come la C. (tutti e tre assistiti dal medesimo difensore); essi non possono dunque attendere ristoro dai resistenti vittoriosi. Ratione temporis non è applicabile il disposto di cui all'art. 1 quater del d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115, introdotto dal comma 17 dell'art. 1 della legge n. 228/12. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso principale. Dichiara assorbito il ricorso incidentale. Condanna il ricorrente principale alla refusione ai controricorrenti delle spese di lite liquidate in Euro 5.500 per compenso, 200 per esborsi, oltre accessori e rimborsi di legge. © Copyright 2016 - Tutti i diritti riservati - Infogiuridica S.p.A. - P. IVA 12858940153
La Corte di Cassazione, con sentenza n. 2236/2016, chiarisce in via definitiva che il rapporto tra la abitazione e la superficie destinata a parcheggio sia in misura non inferiore ad un mq. per ogni dieci mc. di costruzione.
La Corte di legittimità precisa anche che la nozione di costruzione, che è diversa da quella di volume o volumetria, suscettibile di margini di opinabilità, implica indefettibilmente il riferimento anche ai muri esterni, giacché non può concepirsi costruzione senza i muri perimetrali che la delimitano.
Si precisa che “la cubatura, in rapporto alla quale va determinata la superficie da destinare a parcheggi, è costituita dalla sola cubatura destinata ad abitazione, uffici o negozi, con esclusione perciò delle altre parti dell'edificio:
scantinati, servizi e cosiddetti "volumi tecnici".
La richiesta della controparte era invece quella di fare riferimento ai mq. al netto dei muri perimetrali, rivelandosi dunque più penalizzante.
La problematica era sorta per la volontà, da parte del costruttore di riservarsi la proprietà di alcune aree vincolate a parcheggio, per riservarsi la possibilità di rivenderle liberamente in seguito a terzi violando o meno la cd. “riserva d’uso” a favore dei proprietari del condominio.
La suprema Corte ricorda che il vincolo di destinazione è inderogabile, ma opera, in favore della indifferenziata comunità dei condòmini.
La Cassazione rammenta inoltre che la legge urbanistica - art. 41 sexies Legge 1150/42 - conteneva all'epoca la previsione in base alla quale "nelle nuove costruzioni ed anche nelle aree di pertinenza delle costruzioni stesse, debbono essere riservati appositi spazi per parcheggi in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni venti (successivamente ex art. 2.1 legge n. 122 del 1989 – la c.d. Legge Tognoli: dieci) metri cubi di costruzione".
Dall’ANCE di Taranto giungono chiarimenti in merito alla sentenza della Corte di Cassazione n. 2236 del 4 febbraio 2016.
La Cassazione, aderendo ad un orientamento consolidato ha confermato che la libera commerciabilità della dei parcheggi rispetto alle unità immobiliari condominiali è sorta solo in conseguenza della legge n. 246/2005 che ha previsto il “nuovo” comma 2 dell’articolo 41-sexies Legge n. 1150/1942 la quale si applica solo per “il futuro” vale a dire per le nuove costruzioni non realizzate o per quelle per le quali, al momento della sua entrata in vigore, non erano ancora state stipulate le vendite delle singole unità immobiliari.
Quindi, dato che la sottrazione all’uso comune era avvenuta prima del 2005, va applicata la normativa precedente.
Leggi la sentenza.
Art. 179.
(…) (1)
(1) L’articolo che recitava: “Sanzioni a carico del preposto 1. Il preposto è punito nei limiti dell'attività alla quale è tenuto in osservanza degli obblighi generali di cui all'articolo 19: a) con l'arresto fino a due mesi o con l'ammenda da euro 400 ad euro 1.200 per la violazione dell'articolo 174, comma 2 e 3, 175; b) con l'arresto fino ad un mese o con l'ammenda da euro 150 ad euro 600 per la violazione dell'articolo 174, comma 1, lettera a).” è stato abrogato dall’art. 96, comma 1, del D.lgs. 3 agosto 2009, n. 106.
Art.178.Sanzioni a carico del datore di lavoro e del dirigente
1. Il datore di lavoro ed il dirigente sono puniti:
a) con l’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da 2.500 fino a 6.400 euro per la violazione degli articoli 174, comma 2 e 3, 175, commi 1 e 3, e 176, commi 1, 3, 5;
b) con l’arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da 750 a 4.000 euro per la violazione degli articoli 176, comma 6, e 177.
2. La violazione di più precetti riconducibili alla categoria omogenea di requisiti di sicurezza relativi alle attrezzature munite di videoterminale di cui all’allegato XXXIV, punti 1, 2 e 3 è considerata una unica violazione ed è punita con la pena prevista dal comma 1, lettera a). L’organo di vigilanza è tenuto a precisare in ogni caso, in sede di contestazione, i diversi precetti violati.
Art.177.Informazione e formazione
1. In ottemperanza a quanto previsto in via generale dall'articolo 18, comma 1, lettera l), il datore di lavoro: a) fornisce ai lavoratori informazioni, in particolare per quanto riguarda:
1) le misure applicabili al posto di lavoro, in base all'analisi dello stesso di cui all'articolo 174;
2) le modalità di svolgimento dell'attività;
3) la protezione degli occhi e della vista; b) assicura ai lavoratori una formazione adeguata in particolare in ordine a quanto indicato al comma 1, lettera a).
Art.176.Sorveglianza sanitaria
1. I lavoratori sono sottoposti alla sorveglianza sanitaria di cui all'articolo 41, con particolare riferimento: a) ai rischi per la vista e per gli occhi; b) ai rischi per l'apparato muscolo-scheletrico.
2. Sulla base delle risultanze degli accertamenti di cui al comma 1 i lavoratori vengono classificati ai sensi dell'articolo 41, comma 6.
3. Salvi i casi particolari che richiedono una frequenza diversa stabilita dal medico competente, la periodicità delle visite di controllo è biennale per i lavoratori classificati come idonei con prescrizioni o limitazioni e per i lavoratori che abbiano compiuto il cinquantesimo anno di età; quinquennale negli altri casi.
4. Per i casi di inidoneità temporanea il medico competente stabilisce il termine per la successiva visita di idoneità.
5. Il lavoratore è sottoposto a visita di controllo per i rischi di cui al comma 1 a sua richiesta, secondo le modalità previste all'articolo 41, comma 2, lettera c).
6. Il datore di lavoro fornisce a sue spese ai lavoratori i dispositivi speciali di correzione visiva, in funzione dell'attività svolta, quando l'esito delle visite di cui ai commi 1, 3 e 4 ne evidenzi la necessità e non sia possibile utilizzare i dispositivi normali di correzione.